Set
29
2024
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Diversi contesti, diversi approcci

Presentare dati scientifici in contesti diversi non è solo un compito ma un’opportunità straordinaria per trasformare la conoscenza in passione e impegno. Consideriamo due eventi emblematici a cui ho recentemente partecipato: il 119° Congresso della Società Botanica Italiana e il National Geographic Explorers Retreat. Ognuno di questi contesti mi ha offerto un palcoscenico unico e coinvolgente per raccontare la mia ricerca: l’importanza della ricerca sulle alghe e i cianobatteri del suolo, di cui ho già scritto qualche mese fa.

Al congresso botanico, l’atmosfera è stata più formale e rigorosa. Qui, i relatori, tutti esperti di botanica, hanno avuto 12 minuti per condividere i loro risultati, sostenuti da parecchie slide ricche di dati, grafici e dettagli analitici. Questo è un ambiente dove ogni parola, ogni dato, ogni immagine ha un grande peso. Gli esperti si aspettano di ricevere informazioni e approfondimenti metodologici sulla ricerca svolta. Le domande sono mirate. La tensione e l’anticipazione, soprattutto tra i più giovani, si possono percepire nell’aria.

D’altra parte, al National Geographic Explorers Retreat, mi sono trovato in un’atmosfera completamente diversa, altrettanto vibrante ma più informale. Qui, i relatori hanno avuto solo 3 minuti – un battito di ciglia! (non per altro sono chiamati spotlights) – per incantare il pubblico, utilizzando solo 3 slide con un massimo di due immagini ciascuna. Questo è un invito a trasformare la scienza in una storia avvincente; a catturare l’immaginazione dei presenti. L’obiettivo non è solo comunicare risultati, ma ispirare e accendere curiosità. I partecipanti, con esperienze e competenze completamente diverse, si aspettano di essere trasportati in un viaggio visivo e narrativo.

Questa straordinaria complementarità tra i due contesti è stata per me davvero affascinante: mentre il congresso si è immerso nella solidità scientifica e nel rigore analitico, il retreat di National Geographic è stato una celebrazione della scienza, rendendola accessibile e coinvolgente per tutti. È un perfetto equilibrio tra rigore e creatività, dove ciascun approccio arricchisce l’altro. Da un lato, ci sono le fondamenta teoriche che forniscono stabilità e credibilità; dall’altro, ci sono le narrazioni appassionate che ispirano l’azione e il cambiamento.

Il congresso e il retreat sono stati due eventi completamente diversi, ma, insieme, mi hanno offerto una visione integrata e stimolante della scienza. Seppur partendo dagli stessi dati e, da accademico, sono avvezzo a presentare dati ai convegni, devo ammettere che l’approccio più coinvolgente e comunicativo del National Geographic è stato per me più difficile da affrontare. La lezione che ho imparato è che divulgare bene e a tutti è altrettanto complicato quanto presentare dati analitici.

A titolo di esempio, allego qui le due diverse presentazioni, affinché siano evidenti le differenze di stile: qui quella del congresso e qui quella del retreat. Vi riporto anche la storia narrata al retreat:

 

Gli Eroi Nascosti del Nostro Pianeta 

Sapevate che metà dell’ossigeno che respiri è prodotto da organismi così piccoli che avresti bisogno di un microscopio per vederli? Le alghe e i cianobatteri blu-verdi, spesso trascurati, sono responsabili di circa il 50% dell’ossigeno presente nella nostra atmosfera. Ma non è tutto: svolgono un ruolo fondamentale nel catturare il carbonio e riciclarlo all’interno degli ecosistemi, lavorando silenziosamente dietro le quinte per mantenere in equilibrio il nostro pianeta.

Questi minuscoli organismi sono ovunque. Anche se sono conosciuti soprattutto per vivere in acqua, prosperano anche nei luoghi più improbabili: sui muri degli edifici urbani, nei deserti roventi, sulla superficie ghiacciata della neve antartica, e perfino fluttuando nell’aria a 2.000 metri di altezza – più del doppio dell’altezza del grattacielo più alto del mondo.

In molti di questi ambienti estremi, le alghe e i cianobatteri sono gli unici produttori primari, la base della catena alimentare. Nei climi aridi, questi microrganismi svolgono un servizio vitale fissando il carbonio e rilasciandolo nel suolo. Ciò non solo migliora la struttura e la fertilità del terreno, ma promuove anche la crescita delle piante. E c’è di più: i cianobatteri possono catturare l’azoto dall’aria, fornendo una fonte naturale e gratuita di questo nutriente essenziale, spesso limitante per la crescita delle piante.

Nonostante il loro ruolo ecologico cruciale, le alghe terrestri e i cianobatteri sono ancora poco compresi. Potrebbero essere minacciati dal cambiamento climatico, dall’inquinamento e dal degrado del suolo, ma mancano i dati necessari per comprendere appieno questi impatti. Ecco perché il nostro progetto è così importante. Miriamo a studiare questi organismi nei diversi paesaggi della regione Puglia, nel sud Italia. Confrontando diversi ambienti, dagli estremi ai moderati, stiamo valutando la diversità, la densità e la produttività delle alghe terrestri e cercando di capire come fattori come il cambiamento climatico e l’uso di pesticidi li influenzino. Per fare questo, dobbiamo esplorare foreste e scendere nelle profondità delle grotte per raccogliere campioni da coltivare e studiare – in un certo senso siamo i “Predatori delle Alghe Perdute”!

Perché dovrebbe interessarci? Questi minuscoli organismi sono gli eroi silenziosi dei nostri ecosistemi, svolgendo un ruolo cruciale nel mantenere la salute del suolo, supportando la crescita delle piante e contribuendo persino a combattere il cambiamento climatico. Studiandoli e proteggendoli, possiamo salvaguardare la salute del nostro pianeta. Diamo ad alghe e cianobatteri l’attenzione che meritano, e così facendo, aiutiamo a garantire un futuro sostenibile per tutti noi!

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Ago
19
2024
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Fertilizzanti naturali

Per prevenire, arrestare e possibilmente invertire il degrado degli ecosistemi a livello mondiale, è necessario dedicare maggiori sforzi agli ecosistemi agricoli. L’agricoltura è infatti responsabile dell’80% della conversione del suolo ed è il principale fattore di perdita della biodiversità a livello globale (Xue et al., 2018; Farahani et al., 2022). Tuttavia, i terreni agricoli stanno affrontando minacce significative. Il rapido cambiamento nell’uso del suolo e l’uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti minacciano le funzioni e i servizi degli agroecosistemi, mettendo a rischio sia la biodiversità che la sicurezza alimentare (Jones et al., 2021; Zimmerer et al., 2022). Inoltre, scelte politiche potrebbero influire negativamente sul contenuto di carbonio organico del suolo (SOC) in futuro, in particolare lo spostamento verso un’economia basata sull’uso intensivo del suolo e sulla semplificazione degli agroecosistemi (Commissione Europea, 2018; Steffens, 2022). Potrebbe essere anche ipotizzabile una maggiore pressione sui suoli agricoli e forestali a causa della crescente domanda di cibo e materie prime (ONU e FAO, 2023). Di conseguenza, questo potrebbe influenzare direttamente l’uso dei residui agricoli, la cui rimozione dall’agroecosistema è stata collegata a rilevanti perdite di SOC. Inoltre, la Sustainable Carbon Farming Cycles Policy, e il successivo quadro normativo per una certificazione UE della rimozione del carbonio, sono prevedono di aumentare la portata dello stoccaggio naturale nel suolo di carbonio in tutta l’UE (l’obiettivo è contribuire con 42 milioni di tonnellate di stoccaggio equivalente di CO2 all’anno ai entro il 2030 [ONU e FAO, 2023]), ma gli impatti di questa azione sulla salvaguardia della salute del suolo non sono ancora ben chiari.

L’agricoltura intensiva esercita una pressione permanente sui suoli agricoli, portando alla perdita di fertilità del suolo, all’erosione del suolo e a problemi ambientali, come le emissioni di gas serra (GHG) e l’inquinamento ambientale, in particolare nei corpi idrici adiacenti (Commissione Europea, 2021). Negli ultimi anni, si è registrata una crescente dipendenza delle colture e del suolo dai fertilizzanti sintetici, la cui produzione non è più sostenibile. Un esempio emblematico è il fosforo, per il quale si stima che il picco di produzione verrà raggiunto intorno al 2030 (Gasser et al., 2023). Allo stesso modo, altre risorse commercialmente valide sulla Terra si esauriranno nei prossimi 50-100 anni (Commissione Europea, 2023). In questo scenario, la FAO stima che i suoli agricoli dovranno produrre il 70% in più di cibo per soddisfare una popolazione di 9,2 miliardi entro il 2050 (FAO, 2019).

Nell’ultimo decennio si è parlato molto di fertilizzanti di origine biologica (bio-based fertilisers, BBF) e del loro utilizzo in agricoltura per migliorare la fertilità del suolo (principalmente attraverso il miglioramento della struttura del suolo, il rilascio di nutrienti per le radici delle piante e la soppressione delle malattie delle piante), considerati una nature-based solution” (NBS) (Weinmann 2019; Chojnacka et al., 2020; Franko et al., 2021; Kurniawati et al., 2023; Sporchia & Caro, 2023). I fertilizzanti di origine biologica (BBF) sono fertilizzanti organici utilizzati in agricoltura da secoli per la produzione di humus, come fonti di carbonio per gli organismi del suolo necessari per la fornitura e il riciclaggio dei nutrienti, la formazione della struttura del suolo e altri servizi ecosistemici (Mishra et al., 2013). A differenza dei fertilizzanti minerali, sono prodotti da comuni e importanti bio-prodotti (ad esempio, residui e rifiuti, quali i rifiuti solidi urbani, i residui di colture e potature, le acque reflue liquide, i prodotti marini, i sedimenti lacustri, i fanghi di depurazione, il letame, le acque reflue dei frantoi, ecc.) (Franko et al., 2021). I diversi materiali organici di partenza hanno un diverso potenziale di produzione dell’humus e il loro effetto sui depositi di carbonio nel suolo può essere modellato e previsto. Oltre al carbonio e ai nutrienti nella matrice organica, la loro composizione include una vasta gamma di organismi benefici (principalmente batteri, funghi e alghe), che possono aumentare la salute e la fertilità del suolo, promuovendo la crescita delle piante (Gasser et al., 2022). Ci sono diversi altri importanti processi naturali che avvengono nei suoli grazie all’elevata attività biologica dei BBF, tra cui la fissazione dell’azoto atmosferico, la solubilizzazione del fosforo, il rilascio di sostanze capaci di promuovere la crescita delle piante, la sintesi di molecole con attività antipatogenica e la biodegradazione della materia organica, con conseguente rilascio di nutrienti (Sporchia & Caro, 2023). Per tutti questi motivi, i BBF stanno diventando sempre più popolari in molti paesi e applicati su molte colture per stimolare l’attività microbica del suolo, migliorare la struttura del suolo, aumentare la produttività delle colture, e ottenere un’agricoltura resiliente ai cambiamenti climatici e con un’impronta ambientale ridotta. Ancora più importante, l’uso dei BBF è in linea con il concetto di circolarità e può promuovere la biodiversità dell’agroecosistema (sia della vegetazione che del suolo) (Kurniawati et al., 2023; Sporchia & Caro, 2023).

I BBF hanno diverse modalità di applicazione e possono essere incorporati nel suolo utilizzando tecniche che causano il minimo disturbo possibile al suolo (ad es., non aratura, erpicatura, minima lavorazione del suolo e strip-till) (Sporchia & Caro, 2023). Questi tipi di gestione del suolo richiedono meno tempo rispetto alla lavorazione convenzionale e portano a un miglioramento della struttura del suolo, se praticati nel tempo (Filipovic et al., 2006), il che è una condizione importante per ottenere una migliore salute del suolo. Sono disponibili tecnologie per applicare in modo ottimale i BBF. Ad esempio, basandosi sulle distribuzioni dei lombrichi, è possibile progettare mappe con diversi tassi di applicazione del compost, con l’obiettivo di aumentare la popolazione di lombrichi (Turp et al., 2023). In generale, i BBF potrebbero essere anche applicati in modo sito-specifico per stimolare determinati gruppi di organismi del suolo. Questo sarebbe un modo per includere le conoscenze biologiche nell’agricoltura pratica. Il meccanismo di azione dei BBF varia a seconda della matrice originale, della stabilità di degradazione del materiale utilizzato, dei microrganismi contenuti, della coltura trattata e delle condizioni edafiche e climatiche, e possono essere utilizzati da soli o in combinazione. Altri importanti fattori da considerare per garantire l’efficacia di un trattamento con BBF riguardano l’effetto non mirato (cioè l’effetto su ospiti diversi da quelli desiderati), come quelli sulla struttura fisica e chimica del suolo (tessitura, capacità di ritenzione idrica, porosità, erosione), e i possibili fattori collaterali ritenuti importanti nell’ambito del cosiddetto “approccio One Health” (ad es., selezione e/o diffusione di batteri resistenti agli antibiotici/metalli pesanti, inclusi elementi genetici mobili associati) (Kacprzak et al., 2022). Un eccellente BBF deve possedere determinate caratteristiche di base, come la sicurezza ambientale (ad esempio, non deve essere né tossico né inquinante e deve essere biodegradabile), il rilascio rapido e controllato di microrganismi (batteri controllati per la resistenza agli antibiotici) e nutrienti per le piante nel suolo, e l’applicabilità mediante le macchine agricole standard (Kacprzak et al., 2022; Albert & Bloem, 2023).

Un’altra importante categoria di fertilizzanti organici naturali, non sintetici, è rappresentata dai biofertilizzanti (BF). Questi svolgono un ruolo vitale nel migliorare la salute del suolo, contrastare i patogeni e alleviare gli stress ambientali, poiché i microrganismi benefici (di solito fissatori di N, solubilizzatori di P e K, rizobatteri promotori della crescita, funghi ectomicorrizici e cianobatteri) interagiscono con le piante e possono potenzialmente sostituire la necessità di fertilizzanti di sintesi (Nosheen et al., 2021; Chaudari et al., 2022; Kumar et al., 2022). Secondo una definizione dell’International Fertiliser Industry Association (IFA), i “biofertilizzanti” sono prodotti a base di inoculanti microbici (ad esempio, specie di Bacillus, Rhizobium o Trichoderma) o stimolanti della crescita organici, che influenzano il suolo in modo biologico, chimico o fisico (IFA, 2005). L’inoculazione con microrganismi benefici è emersa come una tecnologia eco-compatibile innovativa per nutrire la popolazione globale con risorse disponibili (Kumar et al., 2022). Per questo motivo, è in atto un cambiamento verso l’uso dei BF grazie alla loro capacità di fornire nutrimento attraverso processi naturali, come la solubilizzazione di zinco, potassio e fosforo, la fissazione dell’azoto, la produzione di ormoni, siderofori, e vari enzimi idrolitici, e la protezione delle piante da diversi patogeni e condizioni di stress (Chaudhary et al., 2022). Tuttavia, gli svantaggi dei BF includono una minore densità di nutrienti e specificità delle colture; ciò presuppone che sono necessari ulteriori avanzamenti nelle formulazioni di BF con microorganismi benefici attraverso approcci innovativi (Mohammadi & Sohrabi, 2012; Bhardwaj et al., 2014; Bhattacharjee, R., & Dey, 2014; Solomon et al., 2023).

L’agricoltura e la salute umana sono interconnesse più di quanto immaginiamo. Per questo motivo, sono necessarie ricerche che migliorino la nostra comprensione delle principali minacce alla salute. È quindi imperativo che l’agricoltura moderna utilizzi fertilizzanti ecocompatibili, coerenti con il concetto di One-Health, che possano ripristinare i suoli degradati e migliorare la produzione alimentare proteggendo al contempo le risorse naturali e la salute umana, considerando i tre pilastri dell’agricoltura per la produzione vegetale: lavorazione del suolo, rotazione delle colture e fertilizzanti sostenibili (Nature Communications, 2023).

A livello di azienda agricola, le strategie produttive sono comunemente scelte per massimizzare la redditività a breve termine. Ma questa scarsa attenzione alla salute del suolo ha portato al suo degrado (con conseguente perdita di SOC, compattazione ed erosione), che è uno dei principali fattori limitanti la resa nella produzione delle colture (Commissione Europea, 2023; ONU e FAO, 2023). Sulla base di ciò, il contrasto del degrado del suolo è inserito tra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG 15), poiché provoca ingenti costi sia per gli agricoltori che per la società (Graves et al., 2015). Una migliore stabilità e struttura del suolo sono di grande importanza sia per migliorare la salute del suolo sia per ridurre la sua compattazione e sarebbero una strategia importante per mitigare il cambiamento climatico in atto (Gollner et al., 2020). Inoltre, mantenere un buon funzionamento del suolo è una misura importante per garantire la sicurezza alimentare ed è di grande valore per ridurre l’impronta ecologica della produzione agricola. Una produzione appropriata, la scelta e l’applicazione di BBF e BF possono minimizzare molti dei problemi legati all’uso e alla gestione del suolo, compresa la salute umana, e queste misure possono essere di grande importanza socio-economica per i produttori.

 

Grazie a loro, ho scritto:

 

  1. Albert S, Bloem E (2023) Ecotoxicological methods to evaluate the toxicity of bio-based fertiliser application to agricultural soils – A review. Science of The Total Environment, 879, 163076, https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2023.163076
  2. Barrena, J., Nahuelhual, L., Báez, A., Schiappacasse, I., & Cerda, C. (2014). Valuing cultural ecosystem services: Agricultural heritage in Chiloé island, southern Chile. Ecosystem Services, 7, 66–75. https://doi.org/10.1016/j.ecoser.2013.12.005
  3. Bhardwaj, D., et al. (2014). Biofertilisers function as key player in sustainable agriculture by improving soil fertility, plant tolerance and crop productivity. Microbial cell factories, 13(1), 1-10.
  4. Bhattacharjee, R., & Dey, U. (2014) Biofertiliser, a way towards organic agriculture: A review. African Journal of Microbiology Research,8(24), 2332-2343.
  5. Chaudhary, P., Singh, S., Chaudhary, A., Sharma, A., & Kumar, G. (2022) Overview of biofertilisers in crop production and stress management for sustainable agriculture. Frontiers in Plant Science, 13, 930340.
  6. Chojnacka K, Konstantinos Moustakas, Anna Witek-Krowiak (2020) Bio-based fertilisers: A practical approach towards circular economy, Bioresource Technology, 295, https://doi.org/10.1016/j.biortech.2019.122223.
  7. European Commission (2023) EU Mission: A Soil Deal for Europe. https://research-and-innovation.ec.europa.eu/funding/funding-opportunities/funding-programmes-and-open-calls/horizon-europe/eu-missions-horizon-europe/soil-deal-europe_en
  8. European Commission (2018) Updated Bioeconomy Strategy 2018. https://knowledge4policy.ec.europa.eu/publication/updated-bioeconomy-strategy-2018_en
  9. Fangueiro, D., Hjorth, M. & Gioelli, F. (2015) Acidification of animal slurry – a review. Journal of Environmental Management 149: 46–56. https://doi.org/10.1016/j.jenvman.2014.10.001
  10. Filipovic D, Kosutic S, Gospodaric Z, Zimmer R, Banaj D (2006) The possibilities of fuel savings and the reduction of CO2 emissions in the soil tillage in Croatia. Agric. Ecosyst. Environ. 115, 290-4.
  11. FAO (2021) Global assessment of soil pollution: Report. http://www.fao.org/3/cb4894en/online/cb4894en.html
  12. FAO (2020) State of knowledge of soil biodiversity – Status, challenges and potentialities, Report 2020 doi: 10.4060/cb1928en. ISBN: 978-92-5-133582-6 [FAO]
  13. FAO (2019) Feeding the world, eradicating hunger. Food and Agricultural Organization of the United Nations Rome.
  14. Farahani, E., Emami, H., Forouhar, M. (2022) Effects of tillage systems on soil organic carbon and some soil physical properties. Land Degradation & Development 33, 1307–1320.
  15. Franko, U., Diehl, J., Rühlmann, J. (2021) Applying CCB to predict management change affected long-term SOM turnover of the Extended Static Fertilisation Experiment in Bad Lauchstädt. European Journal of Soil Science, https://doi.org/10.1111/ejss.13148
  16. Gasser, S. A. A., Nielsen, K., Eichler-Löbermann, B., Armbruster, M., Merbach, I., & Franko, U. (2023) Simulating the soil phosphorus dynamics of four long-term field experiments with a novel phosphorus model. Soil Use and Management. https://doi.org/10.1111/sum.12881
  17. Gasser, S.A.A., Nielsen, K., Franko, U., (2022) Transfer of carbon incubation parameters to model the SOC and SON dynamics of a field trial with energy crops applying digestates as organic fertilisers. Soil Use Management. https://doi.org/10.1111/sum.12810
  18. Gollner G, Friedel JK, Wohlmut ML, Surböck A (2020) Systeme reduzierter Bodenbearbeitung im Trockengebiet Österreichs – macht reduzierte Bodenbearbeitung den Bodenklimafitter? In: Austria B, ed. Wien, Austria: Bio Austria.
  19. Graves AR, Morris J, Deeks LK, et al. (2015) The total costs of soil degradation in England and Wales. Ecological Economics 119, 399-413.
  20. IFA (2005) Biofertiliser. International Fertiliser Industry Association, Paris, France. Available from: http://www.fertiliser.org/ifa/publicat/glossary/summary.htm.
  21. Jones, S. K., Estrada-Carmona, N., Juventia, S. D., Ehsan Dulloo, M., Laporte, M-A., Villani C., & Remans R. (2021) Agrobiodiversity Index scores show agrobiodiversity is underutilized in national food systems. Nature Food 2, 712–723. https://doi.org/10.1038/s43016-021-00344-3
  22. Joschko, M., Willms, M., Barkusky, D., Franko, U., Illerhaus, B., Fritsch, G., Beblek, A. (2018) Relationship between soil structure and carbon dynamics in agricultural soils: potential for a farmer`s tool? Soil organic matter management in agriculture – International Symposium 29.-30. May 2018, Braunschweig.
  23. Kacprzak, M., Kupich, I., Jasinska, A., & Fijalkowski, K. (2022) Bio-based waste’ substrates for degraded soil improvement—Advantages and challenges in European context. Energies, 15(1), 385
  24. Kumar, S., Sindhu, S. S., & Kumar, R. (2022) Biofertilisers: An ecofriendly technology for nutrient recycling and environmental sustainability. Current Research in Microbial Sciences, 3, 100094.
  25. Kurniawati, A., Toth, G., Ylivainio, K. et al. (2023) Opportunities and challenges of bio-based fertilisers utilization for improving soil health. Org. Agr. https://doi.org/10.1007/s13165-023-00432-7
  26. Mishra, D., et al. (2013) Role of bio-fertiliser in organic agriculture: a review. Research Journal of Recent Sciences ISSN, 2277, 2502;
  27. Mohammadi, K., & Sohrabi, Y. (2012) Bacterial biofertilisers for sustainable crop production: a review. ARPN Journal of Agricoltural and Biological Science,7(5), 307-316;
  28. Nature Communications (2023) One Health – Collection. https://www.nature.com/collections/fibaacfhaf/about-this-collection
  29. Nosheen, S.; Ajmal, I.; Song, Y. (2021) Microbes as biofertilisers, a potential approach for sustainable crop production. Sustainability, 13, 1868;
  30. Solomon, W., Mutum, L., Janda, T., & Molnár, Z. (2023) Potential benefit of microalgae and their interaction with bacteria to sustainable crop production. Plant Growth Regulation, 1-13.
  31. Sporchia F, Caro D (2023) Exploring the potential of circular solutions to replace inorganic fertilisers in the European Union. Science of The Total Environment, 892, 164636, https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2023.164636
  32. Steffens, M. (2022) Reduced tillage in organic farming affects soil organic carbon stocks in temperate Europe. Soil and Tillage Research 216, 105262. https://doi.org/10.1016/j.still.2021.105262
  33. Sutherland, W. J., Fleishman, E., Mascia, M. B., Pretty, J., & Rudd, M. A. (2011) Methods for collaboratively identifying research priorities and emerging issues in science and policy. Methods in Ecology and Evolution, 2(3), 238–247. https://doi.org/10.1111/j.2041-210X.2010.00083.x
  34. Turp, G. A., Ozdemir, S., Yetilmezsoy, K., Oz, N., & Elkamel, A. (2023) Role of Vermicomposting Microorganisms in the Conversion of Biomass Ash to Bio-Based Fertilisers. Sustainability, 15(11), 8984.
  35. UN & FAO (2023) Action Plan for the UN Decade on Ecosystem Restoration, 2021-2030. https://www.decadeonrestoration.org/publications/action-plan-un-decade-ecosystem-restoration-2021-2030
  36. Weinmann M (2019) Bio-Effectors for Improved Growth, Nutrient Acquisition and Disease Resistance of Crops. Case Studies to the Development of Sustainable Cropping Systems Emphasizing Soil-Plant-Microbial Interactions. Ph.D. thesis. Universität Hohenheim – Institut für Kulturpflanzenwissenschaften, Fachgebiet Ernährungsphysiologie der Kulturpflanzen
  37. Wieland R, Ukawa C, Joschko, M., Krolczyk A, Fritsch G, Hildebrandt TB, Schmidt O, Filser J, Jimenez JJ. (2021) Use of deep learning for structural analysis of computer tomography images of soil samples. R. Soc. Open Sci. 8: 201275. https://doi.org/10.1098/rsos.201275
  38. Xue, J., Pu, C., Zhao, X., Wei, Y., Zhai, Y., Zhang, X., Lal, R., Zhang, H. (2018) Changes in soil organic carbon fractions in response to different tillage practices under a wheat‐maize double cropping system. Land Degradation & Development 29, 1555–1564.
  39. Yang, Y., Xie, H., Mao, Z., Bao, X., He, H., Zhang, X., Liang, C. (2022) Fungi determine increased soil organic carbon more than bacteria through their necromass inputs in conservation tillage croplands. Soil Biology and Biochemistry 167, 108587.
  40. Zimmerer, K. S., Jones, A. D., de Haan, S., Creed-Kanashiro, H., Tubbeh, R. M., Hultquist, C., Tello Villavicencio, M. N., Plasencia Amaya, F., & Nguyen, K. T. (2022) Integrating social-ecological and political-ecological models of agrobiodiversity with nutrient management of keystone food spaces to support SDG 2. Frontiers in Sustainable Food Systems, 6, 734943. https://doi.org/10.3389/fsufs.2022.734943
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Lug
22
2024
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Curare i suoli con la TAC

 

La struttura del suolo, ovvero la disposizione spaziale delle componenti solide (minerali e organiche), con il sistema dei pori tra di esse, rappresenta l’impronta digitale della qualità di un suolo. Essa inoltre è connessa con tutti i fattori di formazione del suolo ed è correlata con quasi tutte le sue funzioni. La struttura del suolo è infatti influenzata da materiale parentale, clima, tipo di suolo, tempo e biodiversità (rientrano in quest’ultima le radici delle piante e gli animali terricoli). Inoltre, la struttura del suolo collega la biodiversità ai cicli biogeochimici, inclusi i cicli del carbonio e dell’azoto, qualificandosi così come una proprietà importante per indicare la qualità del suolo. La struttura del suolo è influenzata inoltre dalla sua gestione e dall’intensità d’uso. Ogni processo che agisce sul suolo lascia un segno, una traccia o un disegno nella struttura del suolo. Per cui possiamo asserire che la struttura del suolo è strettamente correlata alle funzioni del suolo. Per valutare adeguatamente la struttura del suolo sono necessari metodi semplici, affidabili ed efficaci per confrontare le caratteristiche della struttura del suolo negli ecosistemi terrestri, interpretarli e sviluppare opzioni di gestione adeguate.

La tomografia assiale, nota anche come tomografia computerizzata (TC), è una tecnica di imaging avanzata che utilizza raggi X per ottenere immagini dettagliate delle strutture interne di un oggetto. Sebbene originariamente sviluppata per applicazioni mediche, la TC ha trovato impiego in vari campi scientifici, incluse la geologia e le scienze del suolo. Questa tecnologia offre una visione senza precedenti delle caratteristiche interne dei suoli, permettendo analisi dettagliate e non distruttive che migliorano la nostra comprensione dei processi pedologici e delle proprietà del suolo. La TC consente la visualizzazione e la valutazione quantitativa della struttura del suolo: è adatta ad esempio a valutare le reti dei pori, rilevare la compattazione e analizzare i sistemi radicali e persino le gallerie costruite dai lombrichi (bioturbazione) (figure in basso).

 

Un numero maggiore di gallerie di lombrichi nei suoli meno lavorati (a destra).

 

Radici “viste” nel suolo con la TC.

 

Una maggiore porosità nei suoli trattati con letame (a destra).

 

La TC funziona attraverso l’acquisizione di molteplici proiezioni radiografiche di un oggetto da diverse angolazioni. Queste proiezioni sono poi elaborate da un computer per ricostruire una serie di immagini bidimensionali (sezioni) che rappresentano l’interno dell’oggetto. La somma di queste sezioni può essere utilizzata per creare un modello tridimensionale dettagliato. I raggi X, penetrando attraverso il materiale, vengono attenuati in funzione della densità e della composizione del materiale stesso, permettendo di distinguere tra diverse componenti e strutture interne.

L’applicazione della TC ai suoli consente di studiare in modo non distruttivo la struttura interna dei campioni, facilitando l’analisi delle proprietà fisiche e idrauliche, delle radici delle piante, della porosità e della distribuzione delle particelle. La TC permette di visualizzare e quantificare la porosità del suolo, inclusa la dimensione, la forma e la distribuzione dei pori. Questo è fondamentale per comprendere la permeabilità del suolo e la sua capacità di trattenere l’acqua e i nutrienti, che sono fattori cruciali per l’agricoltura e la gestione delle risorse idriche. La tecnica TC consente inoltre di osservare la crescita delle radici delle piante all’interno del suolo senza disturbare il sistema radicale; questo è importante per studiare l’ecofisiologia delle piante, l’assorbimento dei nutrienti e l’adattamento delle radici alle diverse condizioni. La TC può essere anche utilizzata per analizzare la distribuzione dei minerali e della materia organica all’interno del suolo. Queste informazioni sono essenziali per la valutazione della fertilità del suolo e per la pianificazione della gestione agricola. Questa tecnica permette infine di monitorare processi dinamici come il movimento dell’acqua e degli inquinanti nel suolo, la formazione di aggregati e la degradazione dei materiali organici. Questo aiuta a comprendere meglio i cicli biogeochimici e gli effetti delle attività umane sull’ambiente.

 

Tecniche di campionamento manuali e semiautomatiche di campioni indisturbati di suolo.

 

La TC offre numerosi vantaggi rispetto ai metodi tradizionali di analisi del suolo, a patto che siano analizzati campioni indisturbati di suolo. Tra questi, la capacità di ottenere immagini ad alta risoluzione e tridimensionali senza distruggere il campione, la possibilità di analizzare campioni eterogenei e la rapidità delle analisi. Tuttavia, esistono anche alcune limitazioni, come il costo elevato delle apparecchiature, la necessità di competenze specialistiche per l’interpretazione dei dati e la limitata penetrazione dei raggi X in suoli particolarmente densi o contenenti materiali ad alta densità. La TC applicata ai suoli rappresenta una potente tecnica di analisi che ha rivoluzionato la nostra capacità di studiare la struttura e le proprietà dei suoli. L’integrazione della tomografia assiale con altre tecniche di analisi del suolo e con approcci interdisciplinari può quindi portare a ulteriori avanzamenti nella conoscenza del suolo e nella gestione sostenibile delle risorse naturali. Tuttavia, questo potenziale per l’ottimizzazione della gestione del suolo e delle sue funzioni non è ancora stato pienamente realizzato. Questo principalmente perché mancano informazioni sulla variabilità spaziale su larga scala della struttura del suolo e sono stati condotti pochi studi con tomografia a raggi X in campo. Pertanto, è essenziale sviluppare metodi idonei per il campionamento (campioni indisturbati) e l’analisi della struttura del suolo a diverse scale spaziali.

In particolare, la CT dei suoli si combina molto bene con i dati di campo (“context data” nella figura in basso) e con le applicazioni dell’intelligenza artificiale (IA) che potrebbe aiutare a predire la qualità complessiva di un suolo a partire dai dati di CT e di campo.

 

 

La IA potrebbe decifrare la struttura del suolo come un “nuovo linguaggio” o “codice” che rivela informazioni sull’effettivo stato di salute del suolo di un sito, Naturalmente sarebbero necessari strumenti per “imparare il linguaggio”, quali la calibrazione della struttura del suolo in esperimenti a lungo termine, la validazione dei risultati nei campi degli agricoltori, l’applicazione della IA per individuare le relazioni tra struttura del suolo, biodiversità e servizi ecosistemici. A quel punto si potrebbe prevedere l’uso della AI per la valutazione della salute del suolo in diversi siti e sistemi di gestione, la predizione della salute del suolo dai dati della sua struttura, la definizione dei valori target della salute del suolo per determinati tipi e usi del suolo, la comparazione dei valori effettivi rispetto a quelli target della struttura del suolo e delle raccomandazioni sulle azioni da intraprendere.

Infine, riporto qui in basso un esempio di gestione sito-specifica di un suolo basata sulla sua struttura che potrà essere possibile e applicabile in un prossimo futuro.

  • Step 1. Mappe del suolo dell’area desiderata.
  • Step 2. Campionamento spaziale esplicito di carote di terreno indisturbato.
  • Step 3. Scansione CT a raggi X e analisi dello stato di salute del suolo (sistemi di pori, tane di lombrichi, suolo).
  • Step 4. Derivazione di mappe applicative locali basate su algoritmi decisionali IA.
  • Step 5. Utilizzo delle mappe di applicazione, ad esempio per la fertilizzazione organica sito-specifica.

 

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Giu
24
2024
0

L’edicola votiva di Melvin Calvin

Il campanile dell’UC Berkeley, in California

 

L’estate scorsa, di ritorno dall’orto botanico di Berkeley, raggiungibile dal campus dopo un’irta salita, mi resi conto che era tardi e che avrei potuto perdere il bus che avevo già prenotato e che mi avrebbe riportato all’UC Davis, università decisamente più “rurale”, in cui risiedevo. Una breve sosta per assaporare l’aria della UC Berkeley e, all’improvviso, un urgente bisogno fisiologico. Vedo il primo edificio che mi capita sott’occhio (qui in basso) ed entro velocemente alla ricerca del bagno, che fortunatamente trovo.

 

Il bus sarebbe partito dopo mezz’ora dal piazzale sottostante ma, perlomeno, ero più tranquillo da altri punti di vista. Prima di uscire, mi rendo conto di essere in un edificio importante: aria tranquilla e solenne, parcheggi riservati a premi Nobel all’esterno, studenti eleganti. Si trattava difatti della Tan Kah Kee Hall, edificata grazie ai finanziamenti di parenti e amici di Tan Kah Kee, un illuminato riformatore della Cina (foto qui in basso).

 

 

Nella sala di ingresso, una vetrinetta attrae la mia attenzione perché mi sembra un’edicola votiva dedicata ad un santo. E il santo in questione, con mia grande sorpresa, era nientemeno che Melvin Calvin, lo scopritore delle reazioni di fissazione dell’anidride carbonica nella fotosintesi clorofilliana (diede infatti il nome al famoso Ciclo di Calvin, raffigurato qui in basso).

 

Rimango stupito, più che altro per l’incredibile combinazione: unico pomeriggio all’UC Berkeley, ad esclusione di un concerto di Willie Nelson e Alison Krauss a cui avevo assistito nel 2015 nel Greek Theater dell’università, faticosa visita ai magnifici giardini botanici con tanto di sequoie, entrata necessaria e frettolosa nel primo edificio che mi capita, tra le decine che ci sono, e infine mi ritrovo davanti alle onorificenze di Calvin, il mio mito, per me che sono biologo e mi interesso di piante! Faccio qualche foto alla vetrina, senza capire molto, ed esco alla ricerca del bus, che prendo per un pelo. Con calma, oggi, a quasi un anno da quel giorno, rievoco questi bei ricordi e approfondisco la vita di Calvin, non tanto per capire le reazioni della fotosintesi, che insegno ogni anno ai miei studenti, ma per dipanare il mistero di tutte quei premi e diplomi là in esposizione (alcuni di essi li vedete qui in basso).

 

Melvin Calvin nacque a St. Paul, Minnesota, l’8 aprile 1911, da genitori emigrati russi. Nel 1931 conseguì la laurea in Chimica presso il Michigan College of Mining and Technology, seguita dal dottorato in Chimica all’Università del Minnesota nel 1935 con una tesi sull’affinità elettronica degli alogeni, sotto la guida del professor George A. Glocker. Tra il 1935 e il 1937 trascorse un periodo post-dottorale di due anni con il professor Michael Polanyi all’Università di Manchester, Inghilterra. Qui si sviluppò il suo interesse per la catalisi di coordinazione, in particolare per le metalloporfirine. Questo interesse ha avuto conseguenze sia teoriche (la chimica dei composti chelanti i metalli) che pratiche (composti chelati sintetici portatori di ossigeno). Iniziò la sua carriera accademica presso l’Università della California, a Berkeley, nel 1937 come assistente, diventando professore a pieno titolo nel 1947. A Berkeley, su invito del professor Gilbert N. Lewis, il suo interesse si orientò sugli aspetti teorici generali della struttura e del comportamento molecolare organico. Durante questo periodo, pubblicò due opere di rilievo: la prima con il professor Gilbert N. Lewis intitolata “Il Colore delle Sostanze Organiche”, la seconda con il professor G.E.K. Branch trattava “La Teoria della Chimica Organica”. È stato grazie a questi due mentori che in lui si sviluppò un interesse sul comportamento delle molecole organiche nei loro meccanismi più dettagliati. Questo interesse, unito alla precedente ricerca sul comportamento catalitico dei composti di coordinazione, stimolò la dedizione al problema della fotosintesi. L’introduzione del carbonio-14, a partire dal 1945, canalizzò i primi lavori nello sviluppo di tecniche per il suo utilizzo (carbonio isotopico) e la sua applicazione all’esplorazione della riduzione dell’anidride carbonica nella fotosintesi (il percorso del carbonio nelle reazioni al buio della fotosintesi). Dal 1946 ha diretto il gruppo di chimica organica presso il Lawrence Radiation Laboratory, che nel 1960 divenne il Laboratorio di Biodinamica Chimica. Nel 1961 ricevette il Premio Nobel per la Chimica per il suo ruolo nel decifrare come le piante utilizzano clorofilla e luce solare per convertire anidride carbonica e acqua nei diversi carboidrati. Dal 1963 fino al suo pensionamento, avvenuto nel 1980, è stato professore di biologia molecolare all’UC Berkeley. Nel 1980, dopo il pensionamento e dopo aver ricoperto il ruolo di direttore associato del Lawrence Berkeley National Laboratory, continuò a servire come consulente per numerose agenzie governative e organizzazioni scientifiche, mantenendo un piccolo gruppo di ricerca fino al 1996.

È stato insignito di numerosi premi, medaglie e cattedre, come potete vedere nelle foto in basso, ed è stato membro di numerose società scientifiche. È stato eletto alla National Academy of Sciences, all’American Philosophical Society, all’American Academy of Arts and Sciences, alla Royal Society di Londra, alla Royal Netherlands Academy of Sciences and Letters e alla German Academy of Scientists, Leopoldina. Ha ricevuto lauree honoris causa in Scienze presso il Michigan College of Mining and Technology, l’Università di Nottingham, l’Università di Oxford e la Northwestern University.

Tralasciando le mie tristi avventure alla ricerca dei bagni della Tan Kah Kee hall, camminando attraverso il campus dell’Università di Berkeley, è probabile imbattersi nella “Round House“, o Calvin Laboratory, un testamento architettonico dedicato alla visione di Calvin. Costruito nei primi anni ’60, l’edificio ha ospitato il gruppo di ricerca di Melvin Calvin per circa metà della sua carriera all’UC Berkeley. Formalmente noto come Laboratorio di Biodinamica Chimica, il gruppo operava in un ambiente di laboratorio aperto progettato per favorire la discussione e la cooperazione tra scienziati di diverse discipline. L’estensione del suo interesse ai problemi generali della biologia è stata inevitabile, e così il suo laboratorio si popolò di scienziati provenienti da tutte le aree della scienza, sia dalla chimica e fisica che dalla biologia. Nella sua autobiografia del 1992, “Following the Trail of Light: A Scientific Odyssey“, Calvin il suo laboratorio descrisse come “uno dei primi e più importanti laboratori interdisciplinari al mondo” che contribuì anche a plasmare la sua visione su come condurre la ricerca. “Non esiste qualcosa come la scienza pura“, scrisse. “Con questo intendo che la fisica incide sull’astronomia da un lato e sulla chimica e biologia dall’altro. La sintesi di un concetto veramente nuovo richiede qualche forma di unione nella mente di aspetti pertinenti di diverse discipline.” Calvin è ricordato, infatti, per aver collegato fisica, chimica e biologia al fine di delineare il percorso del carbonio atmosferico nella fotosintesi. Nel suo discorso per la Medaglia Priestley del 1978, Calvin descrisse il suo interesse di una vita nella fotosintesi artificiale per la conversione dell’energia solare e l’esplorazione delle piante come fonti di carburanti idrocarburici e materie prime chimiche.

Quali furono gli eventi che condussero Calvin al Nobel? Durante il periodo a Manchester, Calvin sviluppò un interesse per i composti metallici coordinati, in particolare le metalloporfirine (come la clorofilla), e per la fotochimica. Dopo il trasferimento in California, il suo pensiero si orientò verso gli aspetti teorici delle strutture organiche, inclusi gli origini del colore. La combinazione di questi interessi contribuì direttamente alla sfida della comprensione della fotosintesi. Nel 1945, Ernest O. Lawrence, direttore del laboratorio di radiologia dell’UC Berkeley, suggerì a Calvin che era “tempo di fare qualcosa di utile” con l’elemento radioattivo 14C. L’isotopo a lunga vita del carbonio era stato scoperto nel 1940 nel ciclotrone di Berkeley. All’inizio del 1946, Calvin presentò una proposta di ricerca per un nuovo gruppo interdisciplinare di biochimica organica. Il gruppo fu quindi ospitato nel Laboratorio di Biodinamica Chimica (la famosa round house) descritto come una struttura di legno decrepita che conteneva uno spazio ampio senza pareti interne – il primo “laboratorio aperto” di Calvin. Il gruppo sfruttò il 14C disponibile come principale strumento per tracciare un percorso chimico (era possibile tracciare questo isotopo del carbonio proprio perché era radioattivo). Calvin e i suoi collaboratori seguirono infatti l’assorbimento nel tempo e il percorso successivo del 14C attraverso il ciclo fotosintetico nelle alghe utilizzando metodi analitici come la cromatografia su carta e la radiografia. Per determinare le complesse reazioni step-by-step, i prodotti finali delle reazioni venivano estratti ed identificati con pazienza. I colleghi di Calvin hanno descritto la sua natura audace nel perseguire idee innovative, la sua abilità nel porre domande importanti e la sua volontà di avventurarsi in nuovi campi di ricerca. Durante la sua carriera, ha esplorato la chimica degli atomi caldi, la carcinogenesi, la geochemica organica, l’immunochemica e persino l’analisi delle rocce lunari come parte della ricerca e per la comprensione di possibili forme di vita lunare.

E com’era Calvin da giovane? Nel 1926, il professore di scienze delle superiori gli disse: “Non diventerai mai uno scienziato perché tiri troppo ad indovinare.” In quegli anni, Calvin era uno studente introverso e curioso alla Detroit Central High School. Dopo aver saltato due classi nella scuola elementare, era più giovane e più piccolo dei suoi compagni di classe. Piuttosto che alimentare la curiosità del giovane Calvin, il suo insegnante di scienze lo rimproverava: “Stai zitto. Non sai di cosa stai parlando, non hai analizzato correttamente i dati.” Ma il ragazzo precoce non smise mai di farsi domande. “Ti dico,” ricordò Calvin in un’intervista, “L’insegnante di scienze mi ha veramente scoraggiato, non motivato. Era uno di quei professori che, come me lo ricordo, considerava la scienza solo come una raccolta di dati da cui tracciare delle conclusioni plausibili. E l’indovinare non giocava alcun ruolo nello sviluppo della scienza.” Ma, come Calvin lo ricordò, “Io ero un grande indovinatore! Mi faceva domande e io indovinavo le risposte. Metà delle volte sbagliavo,” ammise Calvin, “e lui semplicemente mi sminuiva.” Trentacinque anni dopo quei rimproveri, la rivista TIME nominò Melvin Calvin “Mr. Fotosintesi” per la sua ricerca pionieristica che svelò il modo in cui le piante sfruttano la luce solare, l’acqua e l’aria per produrre il loro cibo e, ultimamente, per alimentare tutti gli altri esseri viventi del pianeta.

La storia di Calvin è infarcita degli aspetti della sua rinomata carriera scientifica, dal lavoro post-dottorato con Michael Polanyi in Inghilterra, all’ingresso nel College di Chimica di Berkeley nel 1937, passando per il suo contributo al Progetto Manhattan e alla sua ricerca pionieristica sulla fotosintesi. Ma la potenza della sua storia risiede nelle storie inaspettate, non scientifiche e personali, che rivelano il lato umano ed emotivo dei processi scientifici che, dall’esterno, potrebbero sembrare puramente razionali o apolitici. Calvin ricordò il momento in cui decise di diventare chimico. Fu lo stesso anno della scuola superiore, dal 1926 al 1927, mentre Calvin si trovava nel negozio di alimentari che suo padre lottava per mantenere a galla. La famiglia di Calvin, di classe operaia, non sempre arrivava a fine mese. Gli anni ’20 potevano essere “ruggenti” per alcuni, ma come oggi, un grande e crescente divario separava i ricchi dai poveri. La famiglia di Calvin apparteneva a quest’ultima categoria. “Stava lottando,” spiegò Calvin parlando di suo padre, “e ho lavorato in quel negozio con lui.” All’età di sedici anni, Calvin ricordò, “Mi guardai intorno e vidi che tutto in quel negozio dipendeva in qualche modo dalla chimica, dalle etichette sulle lattine al cibo all’interno, dall’inchiostro alla carta, tutto coinvolgeva la chimica.” La lotta del padre per la sicurezza economica plasmò il giovane Melvin Calvin. “Io non avrei fatto quello,” concluse. “avrei fatto qualcosa di interessante che mi desse da vivere allo stesso tempo.

La chimica sarebbe diventata la carriera di Calvin, ma lui bramava ottenere più della sola scienza. Gli sport non gli andavano bene, quindi alle superiori si unì alla squadra di dibattito, e “facevo teatro, sai, cose drammatiche. … Abbiamo messo in scena Sogno di una notte di mezza estate e io interpretavo [Nick] Bottom.” A quel tempo, Calvin confessò, “ero paffuto, sai … quindi ho interpretato Bottom per motivi ovvi!” La trasformazione asinina di Bottom portava comicità nella commedia di Shakespeare, che era adatta a Calvin, ma il ruolo sensibilizzava anche il pubblico su temi significativi, come il rapporto tra realtà e immaginazione. Il personaggio concreto di Bottom, più di ogni altro nella commedia, si addentra profondamente nella foresta dove trascende la sua identità per sperimentare la magia della natura, incantare una regina delle fate e tornare dopo aver avuto “una visione davvero rara … un sogno, oltre la comprensione dell’uomo.” E fu proprio così che la continua meraviglia di Calvin per i misteri della natura lo rese uno dei più importanti biochimici del mondo in un settore, quello della biologia vegetale, oltreuttto sottovalutato e poco finanziato. In un’epoca in cui si assisteva a crescenti divari tra umanesimo e scienza, il giovane Melvin Calvin costruì ponti. Dopo aver completato le superiori all’età di 16 anni, Calvin iniziò corsi di ingegneria al Michigan College of Mining and Technology nella remota Upper Peninsula dello stato. “Sapevo che le mie opportunità lì erano limitate,” rivelò Calvin, “perché era quello che era, una scuola di ingegneria.” Dopo i suoi primi due anni lì, le finanze traballanti della sua famiglia lo costrinsero a tornare a Detroit. “A quel tempo,” ricordò Calvin, “avevo già iniziato a capire di aver bisogno di un’esplorazione intellettuale … avevo bisogno di un’apertura mentale.” Di sera Calvin lavorava in una fonderia di ottone a Detroit facendo test chimici su scorie metalliche, e durante il giorno frequentava le lezioni. “Dopo due anni di scuola di ingegneria sono andato alla Wayne State e non ho mai toccato una materia di ingegneria. Non ci sono nemmeno andato vicino. Ho studiato storia, arte e psicologia … È stata una scelta deliberata.” Calvin continuò la sua “apertura” sia nella scienza che nelle discipline umanistiche e artistiche completando il suo corso al Michigan Tech, conseguendo il suo dottorato e completando una borsa post-dottorato. Nel suo laboratorio Calvin analizzava elementi radioattivi con semivite variabili. Ma fuori dal laboratorio, invece di leggere letteratura scientifica, “preferivo libri che avessero una lunga durata.” Leggeva grandi classici come Don Chisciotte, Anna Karenina e Guerra e pace. “Erano romanzi in cui vivere,” ricordò con affetto, “non si vive nella letteratura tecnica.” Mentre leggeva Guerra e pace, per esempio, “non sono andato a lavoro, non ho fatto nulla per circa 10 giorni, sai, ho letto quel libro. Mi sono alzato e l’ho letto, ho pranzato e l’ho letto, ho cenato, sono andato a dormire. … Non sono andato a lavoro. L’ho letto tutto d’un fiato. Non mi ha aiutato molto in termini di tempo, ma ricordo di averlo fatto. Ho vissuto in quella storia. … È stata un’esperienza molto potente.

I ricordi evocati da Calvin mostrano un lato che le sue pubblicazioni scientifiche non avevano mai rivelato. Più di un decennio dopo il premio Nobel del 1961, Calvin rifletté ancora sul professore di scienze delle superiori che gli aveva detto di smettere di farsi e fare troppe domande. “Più imparo sulla scienza nei quarant’anni successivi, più mi rendo conto che l’indovinare è la parte veramente creativa della scienza. Il raccogliere dati e trarre conclusioni è davvero un’operazione formale. La parte che non è un’operazione informatica è la parte veramente creativa, ed è l’indovinare.” La storia di Melvin Calvin mostra i lati umani della scienza, l’elemento l’immaginativo, la curiosità e l’intuizione, indispensabili per progredire nella comprensione della natura. La sua è una storia che riguarda tutti noi, uomini comuni; una lezione su come la passione, il lavoro, l’inventiva, la costanza e l’immaginazione possano permetterci di raggiungere grandi risultati. E, così come per un altro grande premio Nobel (Katalin Karikó, di cui recentemente ho letto la bibliografia), tutto questo può succedere “Nonostante tutto”. Ma questa è un’altra storia.

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