Giu
30
2023
0

Ara Pacis

 

L’Ara Pacis, conosciuta anche come Altare della Pace, è un antico monumento romano situato a Roma, Italia. Fu commissionata dall’imperatore Augusto e fu costruita tra il 13 e il 9 a.C. per commemorare la sua vittoriosa campagna in Gallia e Spagna. L’Ara Pacis è costituita da un altare all’aperto circondato da un recinto di marmo. Il monumento è stato progettato con uno stile architettonico sofisticato e riccamente decorato. Le pareti del recinto sono adornate da raffigurazioni scolpite che rappresentano scene di divinità, processioni e membri della famiglia imperiale. Il tema principale rappresentato sull’Ara Pacis è quello della pace e della prosperità che Augusto ha portato all’Impero Romano. Le decorazioni includono scene di sacrifici religiosi e celebrazioni, nonché allegorie di abbondanza e fertilità. L’altare stesso era utilizzato per offrire sacrifici agli dei per garantire la continuità della pace e dell’armonia. L’Ara Pacis è stata scoperta nel 1568, ma è stata danneggiata e nascosta per molti secoli. Nel corso degli anni, sono state effettuate varie opere di restauro per preservare e ricostruire il monumento. Nel 2006, è stata completata la costruzione di un nuovo edificio per ospitare l’Ara Pacis, offrendo una protezione adeguata e permettendo ai visitatori di ammirarne la bellezza e l’importanza storica. Oggi, l’Ara Pacis è diventata una delle attrazioni turistiche più importanti di Roma ed è considerata uno dei migliori esempi dell’arte e dell’architettura romana. È un simbolo dell’era augustea e della sua ricerca di pace e stabilità all’interno dell’Impero Romano.

I pannelli scolpiti dell’Ara Pacis rappresentano principalmente temi legati alla glorificazione di Augusto, all’ideologia dell’Età dell’Oro e alla promozione della pace e della prosperità sotto il suo regno. I pannelli scolpiti dell’Ara Pacis sono importanti per la loro qualità artistica e per il loro significato storico e politico. Rappresentano un’esaltazione del potere e della leadership di Augusto e la sua visione di un impero pacifico e prospero. L’Ara Pacis presenta anche decorazioni a motivi floreali che adornano i pannelli scolpiti e le cornici degli inserti di marmo. Questi motivi floreali sono un elemento significativo dell’estetica complessiva dell’Ara Pacis e contribuiscono alla sua bellezza artistica. I motivi floreali presenti sull’Ara Pacis includono ghirlande di fiori, foglie, frutta e altre forme vegetali intrecciate. Questi elementi sono spesso combinati con le rappresentazioni delle figure umane e divinità presenti nelle scene scolpite. I motivi floreali sono sia ornamentali che simbolici. Esteticamente, aggiungono un tocco di eleganza e raffinatezza alle composizioni scultoree. Simbolicamente, possono rappresentare la fertilità, l’abbondanza e la rinascita associati alla pace e alla prosperità che Augusto cercava di promuovere nell’Impero Romano. Questi motivi floreali si inseriscono nell’ideologia dell’Età dell’Oro promossa dall’Ara Pacis, che enfatizza l’armonia con la natura e l’idea di un regno pacifico e rigoglioso. Inoltre, gli elementi floreali contribuiscono a creare un senso di gioia e allegria nella rappresentazione complessiva dell’altare. I motivi floreali dell’Ara Pacis dimostrano l’attenzione al dettaglio e la maestria artistica degli scultori dell’epoca romana e aggiungono un elemento di delicatezza e bellezza alla monumentale struttura dell’altare.

In particolare, il fregio a girali dell’Ara Pacis, un bassorilievo a soggetto vegetale tra i più grandi mai realizzati nel mondo classico, rappresenta su ogni lato dell’altare lo sviluppo di un’unica pianta che trae origine da un ceppo di acanto centrale. L’unica pianta è tuttavia costituita da decine di differenti specie vegetali, in continua e reciproca metamorfosi, che oggi costituiscono solo una parte di quelle che animavano – con steli, fusti, calici, corolle, foglie, pistilli, bacche e cirri – il fregio integro. Questa struttura complessa, unitaria e molteplice al tempo stesso, si imposta su una logica di sviluppo spiraliforme, che oggi definiremmo “frattale”, e che disciplina un movimento naturale altrimenti caotico. Ciò ben si accorda sia all’osservazione della natura, in cui questa logica è ricorrente, che al messaggio generale, di ricchezza e varietà, ma anche di ordine, veicolato nel suo insieme dal fregio. Nella sua parte alta questa entità vegetale culmina in palmette, simbolo di vittoria, affiancate a cigni in volo, uccelli sacri ad Apollo, nume tutelare di Augusto. Il fregio venne ricomposto nel 1938 a partire da una quantità di lastre e frammenti di ogni forma e dimensione, che risultarono coprire circa la metà della superficie realizzata in antico. Dalla ricomposizione così operata restavano esclusi oltre cento frammenti, di modeste proporzioni ma in qualche caso recanti parti significative del fregio. Alcuni di questi frammenti vengono oggi riproposti all’interno di un rilievo fatto eseguire da Giuseppe Moretti a ricomposizione ultimata. Qui in basso alcune illustrazioni delle specie vegetali raffigurate nel fregio.

 

Written by Horty in: Senza categoria |
Gen
31
2019
0

Verdecarenza

 

 

Troverai più nei boschi che nei libri.
Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà.

(San Bernardo di Chiaravalle)

 

Tre anni fa ho scritto un articolo sui benefici del verde sul nostro benessere psico-fisico basandomi sulla letteratura scientifica e sulla mia esperienza personale. A livello più o meno inconscio, sperimento ogni giorno la necessità di avere intorno a me delle piante, probabilmente perché ho fortunatamente trascorso la mia infanzia tra parchi urbani e montagne. Tornando al presente, qualche settimana fa ho partecipato ad un convegno e lì stavo parlando con un collega sugli effetti del verde sul benessere degli scolari e dei pazienti, a tal punto – gli dicevo – che in molti paesi si stanno progettando scuole e ospedali con dei veri e propri piani arredati con serre piene di piante. Negli ospedali, infatti, si assiste ad una diminuzione dei tempi di degenza fino al 25% in presenza di piante, con un notevole risparmio sulle spese sanitarie. Incredibilmente, dopo nemmeno 5 minuti, è andato sul palco un altro collega che ha ripetuto quasi parola per parola quello che stavo appena dicendo. La vicenda era a dir poco sorprendente, perché non eravamo sincronizzati volontariamente e lui non aveva tantomeno ascoltato il mio discorso. Dopo un po’, il “mistero” è stato svelato: oltre che accomunati da una certa sensibilità per queste tematiche, avevamo da poco letto lo stesso libro, Shinrin-Yoku – Immergersi nei Boschi, Qinq Li (Rizzoli Ed.).

Non voglio assolutamente fare la recensione di questo bel libro – non impegnativo da leggere ma basato su rigorose indagini scientifiche (l’autore è un autorevole immunologo giapponese, esperto di medicina forestale) – né rivangare la letteratura scientifica già commentata nello scorso articolo, ma vorrei parlare un po’ il concetto alla sua base: il bosco come nutrimento per l’anima e del corpo.

L’aria nelle foreste è infatti colma di una vasta gamma di sostanze chimiche, raggruppate nella categoria – non chimica ma funzionale – dei fitoncidi. Il termine “fitoncida” significa letteralmente “ucciso dalle piante” ed è stato coniato da nel 1937 dal Dr. Boris P. Tokin (1900-1984), un biochimico russo dell’università di Leningrado. Sono prodotti dalle piante come strumento di comunicazione (intraspecifica e interspecifica) tra le chiome degli alberi e come difesa chimica nei confronti dei microorganismi (azione antibiotica) e degli erbivori (insetti e altri animali; azione repellente). Chimicamente parlando, i fitoncidi comprendono soprattutto oli essenziali volatili (terpeni in primis), per cui la loro concentrazione nell’aria aumenta all’aumentare della temperatura. I terpeni sono metaboliti secondari prodotti dalle piante, i cui effetti sulla salute umana sono stati relativamente poco studiati, ad esclusione del loro uso come aromi nei cibi o nei profumi. Molti fitoncidi hanno aromi molto specifici e gradevoli al naso umano e sono sprigionati soprattutto, ma non solo, dalle conifere, costituendone le loro resine. In molte angiosperme, conferiscono a ogni fiore un caratteristico odore o aroma. Ebbene, le immersioni nei boschi, e di conseguenza in queste essenze, hanno effetti benefici notevoli sul sistema immunitario, riducono gli ormoni dello stress, garantiscono periodi di sonno più lunghi grazie a un migliore metabolismo della melatonina, diminuiscono tensione, ansia, rabbia, ostilità, affaticamento e confusione mentale. Altri effetti “secondari”, analoghi a quelli dell’attività sportiva, sono il miglioramento dell’umore, la diminuzione della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca, una migliore funzionalità del cuore, il rallentamento dell’attività nervosa simpatica e la promozione di quella parasimpatica, che ci fa sentire rilassati e a nostro agio. L’effetto benefico è riproducibile, sebbene in misura minore, se diffondiamo in spazi chiusi gli stessi oli essenziali usando diffusori di vario tipo, candele o contenitori con trucioli di legno, che possono accoglierci con l’odore della foresta ogni volta che entriamo in casa o nel luogo di lavoro.

Nei paesi nordici – e scandinavi in particolare – e nei paesi dell’Est asiatico la cultura del verde è più sentita che in Italia e le passeggiate nel bosco sono una norma anche durante gli orari di lavoro. Ricordo una volta in Svezia, una docente che smise di parlarmi all’improvviso per l’urgenza di fare una passeggiata nel bosco in inverno e dovetti seguirla per continuare il discorso. Un altro mio collega belga, da cui ho preso spesso ispirazione per la mia attività scientifica, è stato ospitato a Matera, il luogo dove lavoro. Una sera, alla domanda dell’albergatore: “Signore, quale musica desidera come sottofondo?”, lui rispose: “Il silenzio è la migliore musica, soprattutto in un’area [n.d.r. i Sassi di Matera] bella e silenziosa come questa”. Lì per lì non ci pensai, ma effettivamente i Sassi di Matera sono molto particolari in quanto costituiscono un ecosistema urbano da un lato povero ed essenziale (non consideriamo la situazione turistica e lussuosa attuale) ma dall’altro perfettamente inglobato nell’ambiente circostante. Difatti, gli stessi Sassi sono per metà grotte e per metà case e sono circondati da canyon naturale, e l’intera area è un’oasi di silenzio dall’atmosfera quasi surreale immersa in una città moderna. Gli ecosistemi naturali sono, per l’appunto, enormi riserve di silenzio contraddistinte da panorami pacifici e contemplativi (su YouTube potete trovare file audio registrati nelle foreste più belle). Le chiome degli alberi inoltre hanno un effetto fonoassorbente dovuto al loro elevato contenuto di acqua e alla loro stratificazione, e le foglie sono un po’ come i pannelli di una sala di incisione. Da biologo, sono consapevole che sotto il silenzio delle foreste si svolge la lotta per la sopravvivenza di molteplici organismi viventi – per cui si tratta di una pace apparente – e non mi vorrei mai trovare al posto di un cacciatore-raccoglitore del Paleolitico, non per altro perché non avrei tempo libero per fare tutto quello che mi piace e mi interessa, ma di sicuro apprezzo la pace di un’area naturale.

Insieme a olfatto e udito, è anche la vista a trarre beneficio dalle foreste. Uno statunitense medio trascorre dalle 6 alle 8 ore davanti a un qualche tipo di schermo LED, pari al tempo impiegato per dormire. La luce di questi schermi è bluastra e con uno spettro molto diverso da quello solare, più spostato verso le componenti rosso-arancio. Questo tipo di luce affatica la vista e predispone allo stress. Inoltre, studi recenti suggeriscono che siamo preparati a riconoscere e apprezzare le regolarità degli elementi naturali, come ad esempio i frattali dei rami di un albero, delle nervature e della disposizione delle foglie, o delle ramificazioni di un corso d’acqua. Fino all’avvento dell’agricoltura (stimata a circa 10.000 anni fa), siamo stati per circa 300 milioni di anni immersi giorno e notte nella natura e, per questa ragione, l’abbiamo sempre considerata la nostra casa. I frattali naturali ci riconducono a quella familiarità, ormai inscritta nel nostro comportamento profondo, che ci rilassa e ci conforta e ci fa sentire meglio, liberandoci da emozioni negative. È stato altresì stimato che per stare bene in un ambiente, ognuno di noi dovrebbe essere circondato da almeno 20 alberi o almeno da altrettante piante di appartamento.

Infine, è noto e accertato l’effetto delle piante come purificatori naturali dell’atmosfera. Le parti epigee delle piante, soprattutto quelle fitte e dense delle chiome degli alberi, agiscono come spugne e assorbono il particolato atmosferico delle città, responsabile di asma, malattie cutanee e tumori.  È possibile portare portare un po’ di foresta in casa per purificare l’aria? È stato infatti stimato che l’aria degli ambienti chiusi, può essere fino a 5 volte più inquinata di quella dell’esterno. Ne sanno qualcosa anche gli astronauti, che vivono in stazioni spaziali anguste e dall’aria fetida, anche se per fortuna il loro olfatto si assuefa a qualsiasi odore, fino al punto da non avvertirlo più. Per rimediare a questo, la NASA ha identificato dieci piante adatte a crescere nelle future stazioni spaziali orbitanti: spatafillo, potos, edera, crisantemo, gerbera, sanseveria, palma di bambù, azalea, dracena e falangio. Sono tutte specie sciafile, per cui hanno bisogno di poca luce e vivono bene – tornando sulla Terra – anche nei nostri appartamenti, dove purificano l’aria e ne aumentano l’umidità (il nostro riscaldamento casalingo rende infatti l’aria troppo secca, dannosa per il nostro sistema respiratorio).

Al giorno d’oggi, viviamo in carenza di verde cronica. Da due anni, più del 50% della popolazione mondiale abita attualmente nelle città. Nel 2030 è previsto che si arriverà al 60%. Le città consumano il 75% dell’energia mondiale e sono responsabili dell’80% delle emissioni di gas serra e di altri inquinanti.  È per questo motivo che paesi e amministratori più attenti e sensibili arricchiscono i centri urbani di spazi verdi, perlomeno per mitigare l’effetto nocivo dei mari di cemento armato. Essere circondati da piante ci fa sentire più calmi e felici e dovrebbe essere obbligatorio progettare città ed edifici pubblici includendo parchi e piante. D’altra parte, sarebbe consigliabile portare i bambini nelle foreste per dare loro una sorta di imprinting dalle future ricadute positive: crescere con una carenza di verde, privi di un bisogno naturale così importante ma non soddisfatto, potrebbe causare malesseri psico-fisici le cui cause sarebbero difficilmente individuabili da adulti.

 

(fonte dell’immagine: Alberi Ricorsivi – Stefano Berardi)

Written by Horty in: Senza categoria |
Dic
11
2012
0

Ravioli allucinogeni burro e salvia

 

(Fonte: http://forum.cosenascoste.com/viaggi-astrali-obe-e-sogni-lucidi/65699-piante-che-inducono-sogni-lucidi-e-viaggi-astrali.html)

 

Questo post nasce dall’innocente intervento di Paky922 nel suddetto blog. Il post non intende instradare persone all’uso di droghe ma è stato scritto a puro scopo scientifico. Se però la scienza non é il vostro forte e preferite gli aspetti pratici, andate qui, dove troverete ottimi decotti, bocconcini e cannoni magici, sui quali non mi soffermo.

L’oggetto di questo post è una pianta di origine messicana, la Salvia divinorum (comunemente chiamata menta magica, erba Maria o erba della pastora) che contiene la sostanza psicoattiva naturale più potente che si conosca (tra 0,89 e 3,70 mg/g di peso secco nella pianta, ma già 200 μg fanno partire di testa un uomo di peso medio). La sostanza si chiama salvinorina A, isolata da Ortega e Valdes negli anni ’80. Essa provoca interessanti effetti collaterali, quali la separazione totale tra corpo e spirito con perdita di coscienza e delle percezioni sensoriali. La somministrazione per via inalatoria di salvinorina A causa la comparsa di allucinazioni; gli effetti insorgono dopo circa 30 secondi dall’inalazione, raggiungono una fase di plateau in 5-10 minuti e scompaiono dopo 20-30 minuti.

Dalle varie (nonché numerosissime) testimonianze sembra che ci siano delle sensazioni ricorrenti, quali rivivere momenti passati, perdita della propria identità e dell’identità del proprio corpo, trovarsi contemporaneamente in più luoghi, vedere se stessi al di fuori del proprio corpo. Per questi motivi, la salvinorina A è considerata un enteogeno (sostanza rivelatrice della divinità interiore) e uno dei pochi allucinogeni dissociativi presenti in natura, cioè che rende possibile il distacco tra psiche-soma e l’esperienza del viaggio astrale. Questo simpatico viaggio darebbe la sensazione di “uscire” dal proprio corpo fisico, cioè di proiettare la propria coscienza oltre i confini corporei, come se si stesse fluttuando all’esterno del proprio corpo, percependo la presenza del proprio corpo da un punto esterno ad esso. La sostanza non induce dipendenza fisica né tolleranza né tossicità, anzi gran parte dei consumatori rimane talmente colpito/spaventato/terrorizzato (?) al punto tale da sviluppare una sorta di repulsione. Su Youtube o il web in generale si trova di tutto, comprese le esperienze dei consumatori. Riporto fedelmente una frase da uno studio del 2011 (Casselman & Heinrich): “Finally, the representation of Salvia divinorum on YouTube(TM) (and by inference the WWW as a whole) is a growing phenomena”.

L’attività psichedelica e unica nel suo genere della salvinorina A è dovuta al fatto che agisce selettivamente su un particolare recettore chiamato k-oppioide (KOR). La sostanza non ha alcuna affinità per i recettori serotoninergici 5-HT2A che rappresentano, invece, il principale target molecolare degli allucinogeni classici (LSD, N,N-dimetiltriptamina, psilocibina, mescalina). In aggiunta, è stata anche dimostrata la totale mancanza di affinità della salvinorina A nei confronti di altri bersagli molecolari, quali recettori accoppiati a proteine G, trasportatori e canali ionici.

 

Salvinorina A

 

La Salvia divinorum è conosciuta e utilizzata dagli sciamani delle popolazioni mazateche della regione di Oaxaca da molti secoli sia nelle iniziazioni sciamaniche, sia durante le cerimonie di guarigione, a causa delle sue proprietà allucinogene. Gli indiani mazatechi attribuiscono alla Salvia divinorum nomi che ricordano il suo legame con la Vergine Maria (Ska Maria Pastora, hojas de Maria, Yerba Maria), della quale la pianta viene ritenuta essere l’incarnazione. Nel 1939 quando l’etnografo J. B. Johnson descrisse per primo l’uso di questa pianta, che veniva usata assieme a funghi e ai semi di altre piante per scopi divinatori. Nel 1952 fu descritta da Roberto J. Weitlaner ma il merito di aver per primo capito di cosa si trattasse e di avere raccolto materiale che identificasse questa nuova specie va a R. Gordon Wasson (studioso dei riti sciamanici) che accompagnato da Hoffman, nel 1961 la identificò come una specie del genere Salvia e fu anche il primo straniero che la sperimentò.

Dal momento che la pianta ha una bassissima germinabilità, la Salvia divinorum che troviamo attualmente in circolazione deriva tutta da talee dai cloni donati da una curadera Mazatec a R. Gordon Wasson e Albert Hofmann. Gli studiosi ad oggi, sono molto incerti sul fatto che si tratti di una specie o di un ibrido naturale prodotto in epoche passate dall’uomo anche se non si riesce a capire quali siano le piante madri in quanto in natura, allo stato selvatico, non è stata ancora ritrovata.

Il consumo di Salvia divinorum tra gli studenti delle scuole superiori statunitensi è in continuo aumento (4.4% in base ad uno studio del 2008 di Lange et al.). Rischi concreti all’incolumità fisica sono legati alla perdita di percezione del proprio corpo, si possono verificare cadute o urti. Vari manualetti ne sconsigliano l’uso vicino alle finestre e ai balconi. Ragion per cui ne viene consigliato l’utilizzo in ambienti confortevoli (il lounge bar va per la maggiore) con la presenza di una persona lucida e preparata denominata sitter.

Sul web, è possibile reperire una Salvia experential rating scale, che qui riassumo:

Livello – 1 “S” sta per effetti SOTTILI. Una sensazione che “qualcosa” sta accadendo, anche se è difficile dire che cosa.

Livello – 2 “A” sta per percezione ALTERATA. I colori e i contorni sono più pronunciati. L’apprezzamento della musica può essere aumentato. Lo spazio può sembrare di profondità maggiore o minore rispetto al solito. Assenza di visioni, pensiero meno logico e più giocoso.

Livello – 3 “L” sta per LEGGERO stato visionario. Visione ad occhi chiusi di frattali, modelli geometrici, visioni di oggetti e disegni inesistenti. Le immagini sono spesso a due dimensioni. A questo livello, le visioni non sono confuse con la realtà.

Livello – 4 “V” sta per stato visionario VIVIDO. Al malcapitato appaiono complesse scene tridimensionali, molto realistiche, accompagnate a voci. Ad occhi aperti il contatto con la realtà non del tutto perduto, ma quando si chiudono gli occhi si entra completamente in una scena onirica. E qui arriva il bello: esperienze sciamaniche in viaggio verso altre terre – straniere o immaginarie, incontri con esseri (entità, spiriti) e con personaggi di altre epoche. Si può anche vivere la vita di un’altra persona.

Livello – 5 “I” sta per esistenza IMMATERIALE. A questo livello non si possiede più un corpo e si è completamente coinvolti nell’esperienza interiore, perdendo ogni contatto con la realtà e con l’individualità. Si sperimenta la fusione con Dio, la mente, la coscienza universale, o fusioni bizzarre con altri oggetti – reali o immaginari (ad esempio, la fusione con una parete o mobile). A questo livello di solito non ci si muove più, ma ogni tanto si hanno degli scatti (ecco la necessità del sitter, di cui sopra). Per la persona che giunge a questo stadio, il fenomeno può essere terrificante o estremamente piacevole, ma per un osservatore esterno l’individuo può sembrare confuso o disorientato.

Livello 6 – “A” sta per effetto amnesico. Completa perdita di coscienza. L’individuo può cadere o rimanere immobile. Non si prova più dolore fisico e al risveglio l’individuo non avrà ricordo di quello che ha fatto o detto. La gente non riesce a ricordare minimamente che cosa sperimenta in questo stato di trance molto profonda.

 

Tralascio le esperienze degli utilizzatori, peraltro facilmente reperibili sul web, e concludo pubblicando questo link degli Wide, che hanno trasposto in musica la loro esperienza con l’amica salvia, ripercorrendo gli stadi della Salvia experential rating scale nel loro pezzo (ascoltatelo qui). Buon ascolto!

 

 

 

Grazie a loro, ho scritto:

 

Aaron A. Jenks, Jay B. Walker, Seung-Chul Kim (2011) Evolution and origins of the Mazatec hallucinogenic sage, Salvia divinorum (Lamiaceae): a molecular phylogenetic approach. J Plant Res 124: 593-600.

Ivan Casselman and Michael Heinrich (2011) Novel use patterns of Salvia divinorum: Unobtrusive observation using YouTube™. Journal of Etnopharmacology 138: 662-667.

James E. Lange et al. (2008) College student use of Salvia divinorum. Drug and Alcohol Dependence 94: 263-266.

Thomas E. Prisinzano (2005) Psychopharmacology of the hallucinogenic sage Salvia divinorum. Life Sciences 78: 527-531.

http://it.wikipedia.org/wiki/Salvia_divinorum

http://sagewisdom.org/usersguide.html

http://www.elicriso.it/it/piante_allucinogene/salvia_divinorum/

http://www.iss.it/binary/drog/cont/Schede_S.pdf

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