Mar
28
2012

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Il cervello nelle radici?


Qualche anno fa ho pubblicato questo breve post.


Un’ipotesi scientifica deve sempre verificata da ripeture osservazioni provenienti dalla ricerca empirica e quindi non è sempre facile accettare opinioni che capovolgono il nostro modo di interpretare la natura.
Per esempio, quale potrebbe essere la reazione al fatto che le piante, così come gli animali, posseggono sinapsi, neurotrasmettitori e addirittura un “centro di comando” simile al cervello posto nelle loro radici? In realtà, già Darwin lo aveva ipotizzato nel 1880.
A pensarci bene, le radici sono poste in un luogo “sicuro” con condizioni ambientali stabili (nel terreno) rispetto alla parte aerea della pianta che invece porta gli organi riproduttivi (fiori) e fotosintetici (foglie). Le radici inoltre sono il principale “organo di senso” delle piante, alla continua ricerca di acqua e nutrienti, e sede di produzione di importanti fitoormoni quale l’auxina, poi trasportata con la linfa nel resto della pianta per mezzo dei fasci vascolari, assimilabili così non solo ai vasi sanguigni ma anche ai nervi.
Tralasciando la scienza e passando alle sensazioni, provate a camminare in un bosco in silenzio e poi ditemi se non avete impressione che le piante vi “percepiscano”.
Sembra fantascienza, lo so, ma leggendo due articoli (uno su Tree Physiology e uno su Biologia), le prove a favore di questa teoria sembrano fondate, anche se le indagini sono ancora molto preliminari.


Riporto oggi la traduzione – scusate per gli eventuali errori ma non ho avuto il tempo di controllarla bene – di un bell’articolo pubblicato nel 2007 su Trends in Plant Science (Vol.12 No.4) da numerosi ricercatori che si oppongono a questa nuova branca scientifica, esponendo una serie di fondate ragioni. L’articolo è a mio parere molto bello perché è un esempio di dialettica scientifica ad alti livelli, di un’opposizione ragionata e fondata. Un po’ come nel caso di un evento di speciazione, al momento non saprei dire se la nuova branca scientifica crescerà e diventerà indipendente, ciò che vogliono i suoi sostenitori, oppure se sarà inglobata nella fisiologia e biochimica cellulare, come si augurano gli autori dell’articolo. Sarà il tempo a dirlo.
Come in tutti buoni articoli scientifici, gli autori suggeriscono, ipotizzano, giustificano e difendono le loro scelte, senza mai imporle. L’articolo, probabilmente di difficile lettura per i non “addetti ai lavori”, è comunque da studiare per la sua struttura chiara e concisa.


L’originale è qui. E’ liberamente accessibile, quindi non ci son oproblemi di copyright. Qui è disponibile anche la risposta dei difensori della teoria, pubblicata sulla stesa rivista. La mia traduzione la trovate invece qui sotto.




TRENDS in Plant Science Vol.12 No.4 (2007)

Neurobiologia vegetale: niente cervello, nessun guadagno?

Amedeo Alpi et al.

Gli ultimi tre anni hanno visto la nascita e la diffusione di un’idea provocatoria della biologia vegetale. I suoi sostenitori hanno suggerito che le piante superiori possiedono nervi, sinapsi, l’equivalente di un cervello localizzato da qualche parte nelle radici, e un’intelligenza. L’idea ha attirato un numero di studiosi, si sono già tenuti incontri e convegni in diversi paesi ospitanti per affrontare l’argomento, ed è stata fondata una società internazionale dedicata alla neurobiologia vegetale.
Siamo preoccupati per la logica alla base di questo concetto. Noi sosteniamo che la neurobiologia vegetale non aggiunga nulla alla nostre conoscenze di fisiologia vegetale, biologia cellulare vegetale e trasduzione del segnale nelle piante.

Iniziamo affermando semplicemente che nelle piante non vi è alcuna prova di strutture simili ai neuroni o alle sinapsi cerebrali. Il fatto che il termine “neurone” derivi da una parola greca che descrive una “fibra vegetale” non è un argomento convincente per utilizzare questo termine nel campo della biologia vegetale. Cerchiamo di prendere in considerazione le argomentazioni errate che sono state utilizzate per sostenere il concetto di “neuroni” nelle piante.

In base a questo ragionamento, le cellule che contribuiscono al trasporto dell’auxina sono equiparate alle catene di neuroni, e si sostiene che il trasporto dell’auxina avvenga attraverso un meccanismo concertato mediante vescicole molto simile al trasporto cellulare dei neurotrasmettitori nelle cellule degli animali.
Ci sono due problemi immediati che sorgono da questo ragionamento.

(I) I neurotrasmettitori non vengono trasportati da cellula a cellula su lunghe distanze.

(Ii) La prova che l’auxina viene sequestrata all’interno di vescicole destinate ad essere esocitate è debole.

Questa nozione è difficilmente conciliabile con la distribuzione riconosciuta e la funzione delle famiglie di trasportatori di auxina PIN e AUX, che sono localizzate in differenti domini polari della membrana plasmatica, e seguono un percorso ciclico verso e da compartimenti endosomiali, verso la membrana plasmatica, sotto il controllo dell’auxina. Insieme alla glicoproteina P della sottofamiglia proteine ​​di trasporto ABC dell’auxina, che sembrano agire sinergicamente con le proteine carrier di efflusso PIN, queste attività di trasporto sono sufficienti a spiegare i tassi di trasporto polare dell’auxina che avvengono normalmente nelle piante, senza abbracciare necessariamente l’idea del traffico di auxina mediato da vescicole, anche oltre distanze sub-cellulari.

Un altro blocco fondamentale ostacolo in cui ci si imbatte nello studio della neurobiologia vegetale è il fenomeno comune dei plasmodesmi nelle piante. La loro esistenza pone un problema per la propagazione del segnale da un punto di vista elettrofisiologico – un’ampia segnalazione di tipo elettrico precluderebbe infatti la necessità per qualsiasi cellula di un meccanismo di trasporto da cellula a cellula simile a quello messo in atto dai neurotrasmettitori – portando Eric Brenner et al. a sostenere che “queste connessioni citoplasmatiche hanno un ruolo non definito nell’accoppiamento elettrico tra cellule polarizzate adiacenti”
In effetti, nelle cellule vegetali è presente un gran numero di plasmodesmi che contribuiscono al trasporto polare dell’auxina, ma, negli studi riguardanti gli ormoni, il loro ruolo è stato spesso trascurato. Data l’esistenza di plasmodesmi, non vi è alcuna ragione a priori perché gli ormoni vegetali non debbano essere trasportati attraverso il citoplasma, per via simplastica. Infatti, la presenza di trasportatori per l’ afflusso e l’efflusso di auxina a livello della membrana plasmatica suggerisce che l’auxina sia presente nel citosol. Quindi, o l’auxina è effettivamente esclusa a livello dei plasmodesmi, o non entra nel citosol finché non raggiunge le cellule della zona di estensione, dove viene assorbita e poi rilasciata per esercitare i suoi effetti. Evidentemente, vi sono ancora molte incognite circa il trasporto dell’auxina, e il ruolo (eventuale) dei plasmodesmi in questo processo rimane enigmatico così come lo era quasi 15 anni fa. Si potrebbe evincere che l’auxina venga riassorbita in vescicole mediante endocitosi e si muova mediante traffico vescicolare verso la membrana plasmatica opposta, dove sarebbe rilasciata per esocitosi, e che questo processo sia ripetuto continuamente lungo l’asse di trasporto. Tuttavia, questo modello non deve essere confuso con gli eventi che avvengono nei nervi e nelle sinapsi.

Quindi, siamo ora meglio informati scientificamente su questi aspetti inesplorati, o meglio guidati verso la loro risoluzione, grazie al concetto di neurobiologia vegetale? Le cellule vegetali hanno caratteristiche comuni a tutte le cellule biologiche, compresi i neuroni. Per citarne solo alcune: le cellule delle piante mostrano potenziali d’azione di natura elettrica, le loro membrane contengono canali la cui apertura è voltaggio-dipendente, e vi è evidenza di sostanze simili ai neurotrasmettitori. Allo stesso tempo, in senso più ampio, la trasduzione del segnale e la trasmissione a distanza sono proprietà sia di piante che di animali. Anche a livello molecolare, si applicano gli stessi principi generali, e alcuni importanti parallelismi possono essere riscontrati in entrambi i gruppi. Questo però non implica a priori che a livello cellulare, tissutale e di organo esistano strutture comparabili per la propagazione del segnale. Un’attenta analisi della nostra attuale conoscenza di fisiologia e biologia cellulare vegetale e animale, non fornisce alcuna prova di tali strutture.

Nuovi concetti e ambiti di ricerca si sviluppano dalla sintesi di pensiero creativo e da una prudente analisi scientifica. Il vero successo è misurato dalla capacità di promuovere nuovi approcci sperimentali che si fondano sulle basi degli studi precedenti. Quale beneficio scientifico a lungo termine trarrà la comunità scientifica di biologi vegetali dal concetto di “neurobiologia vegetale”? Noi suggeriamo che, fino a che la neurobiologia vegetale non sarà più fondata su analogie superficiali e discutibili estrapolazioni, questi vantaggi saranno limitati
Riconosciamo l’importanza di un vigoroso e sano dialogo e constatiamo che lo slogan “neurobiologia vegetale” abbia avuto come fine l’avvio di dibattito preliminare che riguarda i meccanismi coinvolti nei meccanismi di trasduzione del segnale nelle piante. Ora invitiamo i sostenitori della neurobiologia vegetale a rivalutare criticamente questo concetto e a costruire fondamenta intellettuali rigorose per questo campo di ricerca.

COMMENTI 3   |   Scritto da Horty in:  Senza categoria |
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