Gen
26
2011

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Riciclare l’azoto

Riporto oggi un’intervista recente sull’uso dei nitrati in agricoltura e sui loro effetti, a cui anch’io ho partecipato. E’ di taglio divulgativo ma non per questo poco scientifico, e un suo estratto è stato pubblicato recentemente sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Potrebbe interessare a qualcuno ed essere utile a studenti e docenti.

Può spiegare in cosa consiste la direttiva europea sulle aree sensibili ai nitrati?

L’acqua pulita è essenziale per la salute e il benessere dell’uomo, nonché per gli ecosistemi naturali. Poiché l’acqua non si ferma ai confini nazionali, è essenziale che vi sia un approccio europeo per far fronte ai problemi dell’inquinamento. La Direttiva Nitrati del 1991 (n. 676) rappresenta uno dei primi strumenti legislativi della UE che si pone l’obiettivo di controllare l’inquinamento e migliorare la qualità dell’acqua.

Cosa sono i nitrati e perché li ritroviamo nei nostri campi?

L’azoto è d’importanza fondamentale per le forme di vita sulla terra e il ciclo dell’azoto è uno dei cicli dei nutrienti più rilevanti per gli ecosistemi naturali. Le piante assorbono azoto sottoforma di nitrati e di ammonio dal suolo e gli animali, a loro volta, utilizzano le piante o i loro prodotti per alimentarsi. L’azoto assorbito dalle piante in forma nitrica o ammoniacale viene da loro trasformato in azoto organico e quindi ritorna nel suolo con la caduta delle foglie, del legno della potatura, ecc.
Tale forma di  azoto (prevalentemente proteine)  viene trasformata dai batteri del suolo di nuovo in forma nitrica o ammoniacale, cosicché il ciclo riparte. Le attività agricole possono disturbare l’equilibrio di tale ciclo, ad esempio attraverso l’uso eccessivo di fertilizzanti azotati che liberano nitrati. Talvolta anche i sistemi naturali (boschi, aree non coltivate), se gestite non correttamente, possono contribuire ad inquinare le acque di falda e/o quelle superficiali con i nitrati. Nelle aree meridionali, caratterizzate da temperature ottimali per l’attività microbica nel suolo, tale fenomeno si può verificare in particolare nel periodo autunnale, quando dopo una abbondante pioggia i nitrati che si formano dall’azoto organico sono superiori rispetto alla quantità assorbita dalle piante (in quel periodo le piante arboree a foglia caduca assorbono poco azoto). E’ quindi molto importante che all’interno di un sistema, coltivato o naturale, ci siano più specie di piante con comportamenti, cicli vegetativi ed esigenze azotate diverse durante il ciclo annuale (la non lavorazione o lavorazione minima dei suoli nei sistemi agricoli e il bosco costituito da piante di diverse specie ed età sono tra le soluzioni migliori per contenere l’inquinamento da nitrati e non solo).

Che conseguenze hanno sull’uomo e sull’ambiente i nitrati?

L’azoto è elemento indispensabile per la formazione delle proteine in tutti gli organismi e quindi della vita stessa. Le piante lo assorbono prevalentemente sottoforma di nitrati, presenti già nel terreno, a seguito della degradazione della sostanza organica, o aggiunti dall’uomo tramite i fertilizzanti. Un loro uso eccessivo o improprio, però, può determinare delle forme di inquinamento dell’ambiente e concorrere a gravi malattie nell’uomo.
In caso di concimazioni azotate eccessive, nel suolo vi è una quantità di nitrati che non viene assorbita dalle piante e pertanto scorrono per percolazione nel terreno , raggiungendo le falde acquifere (terreni in pianura), o le acque superficiali (fiumi), in particolare nelle aree collinari dopo una abbondante pioggia.
È proprio a questi stadi che si verificano fenomeni di eutrofizzazione, ossia di abbondante proliferazione di alghe e piante acquatiche, che si nutrono appunto di azoto. Queste, consumando tutto l’ossigeno disciolto nell’acqua per respirare, finiscono per morire, e la loro putrefazione causa torbidità e cattivo odore delle acque, con conseguenti morie di piante, pesci e invertebrati marini.
Per quanto riguarda le colture che dovessero subire un’eccessiva concimazione a base di nitrati, una volta ingerite dall’uomo possono causare danni alla salute. In genere sono gli ortaggi da foglia (spinaci,
lattughe, bietole da coste, sedano, valerianella, prezzemolo, scarola, rucola e anche basilico) e alcuni da radice (ravanello, bietola da orto, sedano, rapa) a trattenere le maggiori quantità di nitrati. La pericolosità dei nitrati, sia nelle acque che nelle verdure, è particolarmente elevata nei neonati sotto i sei mesi e nelle gestanti. Essi si possono trasformare in nitriti che, a contatto con gli acidi dello stomaco, possono dar luogo a nitrosammine, composti provatamente cancerogene. Inoltre, i nitriti causano l’accumulo, nei globuli rossi, di metaemoglobina, cioè della forma non funzionale dell’emoglobina, la quale non può più efficacemente trasportare nel sangue l’ossigeno necessario per respirare. A questa patologia, che può portare ad una pericolosa intossicazione chiamata metaemoglobinemia, sono soggetti soprattutto i bambini ed i neonati (“blue baby syndrome”).

Quali conseguenze avremo nell’immediato e a lungo termine nel Metapontino che è stato definito area sensibile ai nitrati?

Il metapontino, area di intensa coltivazione di ortaggi e frutta e quindi di elevati apporti di concimi azotati, è a forte rischio di inquinamento se la  gestione della concimazione e dell’irrigazione non viene effettuata in modo razionale e intelligente . Nel preparare il piano di concimazione, oltre alle esigenze nutrizionali delle piante, bisogna assolutamente conoscere i quantitativi di azoto e degli altri elementi minerali che sono presenti nell’acqua utilizzata per l’irrigazione. Spesso, nell’acqua che gli agricoltori utilizzano per irrigare ci sono tutti gli elementi minerali per soddisfare le esigenze delle piante in quanto negli ultimi 50-60 anni l’agricoltura ha fortemente inquinato le acque della falda, in particolare con l’azoto. E’ necessario quindi concimare poco o non concimare con azoto, rimettendo in ciclo l’azoto che già c’è nell’acqua di irrigazione. L’azoto non si accumula nel suolo (in quanto molto mobile), come succede invece con altri elementi minerali (potassio e fosforo per esempio),  e quindi una volta trasformato in azoto nitrico si dilava facilmente e va a finire o nella falda da dove preleviamo spesso l’acqua potabile o nei fiumi e in seguito nelle dighe e nel mare.

Quali le possibili soluzioni e a chi tocca agire?

La riduzione dell’inquinamento delle acque da nitrati di origine agricola è perseguibile attraverso azioni di sensibilizzazione degli operatori del settore, oltre che mediante azioni di controllo del rispetto delle delibere regionali di attuazione della direttiva UE, le quali stabiliscono un tetto massimo di azoto da distribuire. Inoltre, sarebbe utile diffondere tecniche di monitoraggio dei nitrati nel suolo e di gestione della nutrizione delle piante che supportino gli agricoltori nelle loro decisioni. Ci sono grossi interessi economici delle Ditte che producono e commercializzano concimi, le quali non investono nella diffusione delle buone pratiche agricole, ed ovviamente non hanno interesse a ridurre la vendita dei concimi. Grosse responsabilità hanno i singoli agricoltori in quanto negli anni passati (la situazione sta cambiando a seguito  dell’aumento dei prezzi dei concimi) non hanno dato importanza alla tecnica della concimazione  e alle conseguenze a livello ambientale (il costo dei concimi incideva poco sul costo di produzione). E’ necessario adottare la tecnica della “fertirrigazione” e aggiungere il concime, se necessario, dopo aver fatto le analisi chimiche delle acque che vengono utilizzate per l’irrigazione. E’ infine importante dare alla pianta, con interventi settimanali, quello di cui ha bisogno e non creare situazioni di eccesso che oltre all’impatto ambientale peggiorano la qualità del prodotto.

Spargere compost verde di qualità derivato dal compostaggio dei rifiuti organici, può servire a risolvere il problema?

Prodotti organici come il compost (ammendanti compostati), determinano un rilascio di nitrati nel suolo molto graduale rispetto ai tradizionali concimi chimici. Questo assicura che le piante assorbano i nitrati rilasciati, riducendo il rischio di dilavamento dei nitrati. Per evitare, in certi periodi dell’anno, di avere più azoto nitrico nel suolo rispetto alle necessità della pianta coltivata è buona pratica tenere il suolo inerbito (frutticoltura). Le piante che costituiscono l’inerbimento assorbono l’azoto in eccesso (nei nostri ambienti si verifica nel periodo settembre-marzo) e lo trasformano in azoto organico, controllando cosi l’inquinamento delle acque di falda e quelle superficiali.
La distribuzione di ammendanti compostati, di qualità controllata, è inoltre necessaria per il ripristino della fertilità microbiologica e chimica dei suoli e per il miglioramento delle caratteristiche idrologiche (miglioramento della struttura del suolo e quindi della sua capacità di trattenere le acque provenienti dalle pioggie). Il problema è molto grave nel meridione in quanto in quasi tutti i suoli agricoli la sostanza organica è intorno all’1% (livello soglia al disotto del quale i suoli vengono considerati “desertici” dal punto di vista microbiologico). Investire nella produzione di “compost” di qualità sul posto (in Basilicata non esiste nessun impianto di compostaggio per la produzione di compost di qualità) darebbe la possibilità agli agricoltori di migliorare la fertilità dei loro suoli e ridurre l’utilizzo dei fertilizzanti chimici, con grossi vantaggi sia economici, che ambientali e sociali (creazione di nuovi posti di lavoro). Con tale tecnica, il suolo agricolo diventerebbe un immenso contenitore per l’immagazzinamento del carbonio  (tecnica dell’inerbimento, residui di coltivazione e compost) e si potrebbero ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera (minor uso dei concimi). Inoltre, la produzione del compost risolverebbe in buona parte il problema delle discariche e dei fanghi dei depuratori delle acque urbane. Le nostre esperienze condotte in quattro aziende frutticole del metapontino (dal 2004), in cui sono stati apportati 15 t/ha all’anno  di compost certificato e sono stati applicati il riciclo di tutti i residui colturali e la non-lavorazione del suolo, hanno portato a risultati molto interessanti dal punto di vista produttivo. Oltre a questo aspetto, l’applicazioni di ale tecniche di gestione hanno determinato l’incremento del carbonio nel suolo, ecd il miglioramento della fertilità microbiologica e dell’assorbimento dell’acqua piovana (obiettivo nei terreni in pendenza di “non perdere nemmeno una goccia dell’acqua delle piogge” e quindi controllare anche l’erosione del suolo).

E occorre cambiare anche le abitudini di irrigazione? Si dice che la desertificazione più che dai cambiamenti climatici, nel Metapontino è stimolata dall’insana abitudine di irrigare a pioggia anziché a goccia. Pratica quest’ultima che consentirebbe anche di risparmiare acqua oltre ad evitare che salga in superficie la salinità delle inclusioni di acque marine. Anche questo comportamento errato incide sui nitrati o su forme di generali di inquinamento o è solo un’aggravante ad un problema già serio?

Le acque dei pozzi che vengono utilizzate in Basilicata per l’irrigazione contengono elevate quantità di calcio, magnesio, bicarbonato, sodio, cloruri, nitrati e potassio. Per ogni 1000 m3 di acqua erogata per ettaro (mediamente in frutticoltura nel metapontino si distribuiscono circa 5000 m3 per ettaro per anno- 10000 per l’actinidia) vengono distribuiti anche: 150 kg di cloruri; 300 kg di bicarbonato; 160 kg di sodio; 60 kg di magnesio; 135 kg di calcio; 6 kg di azoto e 16 kg di potassio. Le acque delle dighe della Basilicata contengono un po’ meno azoto, potassio,cloruri e sodio ma gli altri sali sono agli stessi livelli. Basta fare un semplice calcolo considerando gli apporti degli elementi minerali con le acque di irrigazione e le esigenze nutrizionali delle piante per rendersi conto che spesso non è necessario fare le concimazioni. In particolare, assolutamente non dovrebbero essere utilizzati concimi a base di calcio e di magnesio da distribuire al suolo (distribuiti con l’acqua circa 300kg a ettaro all’anno di magnesio ed assorbiti dai frutti soltanto 10-15 kg; 700 kg di calcio e assorbiti dai frutti soltanto 15). E’ evidente che stiamo andando, in alcuni tipi di suolo, verso la salinizzazione ed alcalinizzazione per effetto dell’accumulo graduale nel suolo dei vari sali che vengono distribuiti con l’acqua di irrigazione. Cioè stiamo andando verso la desertificazione non per carenza di acqua ma per una gestione non corretta dell’irrigazione e della concimazione. E’ quindi urgente passare dai metodi irrigui a bassa efficienza (metodi che bagnano tutta la superficie del suolo) ai metodi ad alta efficienza (metodi irrigui localizzati) per ridurre gli apporti idrici, e quindi anche di sali. Sarebbe anche necessario aggiungere nell’acqua di irrigazione soltanto quell’elemento minerale che serve per la nutrizione della pianta (fertirrigazione) e rivedere radicalmente la tecnica della concimazione.

Mettere dei biodepuratori alle idrovore lungo la rete dei canali di displuvio del consorzio di bonifica presenti nel Metapontino, secondo lei ridurrebbe il rischio di eutrofizzazione e inquinamento del mare?

In parte sì. Tuttavia, l’intervento più efficace sarebbe intervenire all’origine, ossia riducendo le concimazioni di azoto e soprattutto distribuendole nel tempo, in modo che venga assorbito dalle piante quasi al 100%.
L’acqua depurata così recuperata, potrebbe essere rimessa nel ciclo dell’irrigazione nei campi.L’acqua può essere utilizzata per l’irrigazione senza depurazione in quanto gli elementi minerali presenti servono alle piante. La depurazione servirebbe nei casi in cui la carica microbica è molto elevata e in presenza di metalli pesanti.

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