Ott
14
2008
0

Sorbo montano


 

Come dicevo l’altra volta, il sorbo montano (Sorbus aria), o farinaccio, è l’albero che produce le sorbole, frutti ora dimenticati ma che fino a qualche decennio fa avevano un grande ruolo nella civiltà contadina.

Appartiene alla famiglia delle Rosacee ed è ampiamente diffuso nei boschi e nei luoghi rocciosi, fino a 1600 m di altitudine (ma in forma cespugliosa è possibile trovarlo fino a 1900 m) nelle regioni mediterranee. Ama i terreni calcarei ed il sole, e tollera bene aridità e basse temperature. È quindi una pianta rustica spesso utilizzata per ricoprire pendici detritiche. Ha crescita lenta ed è molto longevo. E’ un alberello alto fino a 12 m con corteccia grigia e liscia, punteggiata da lenticelle romboidali. I rami giovani sono pubescenti, ma poi con l’età diventano glabri, di color bruno-rossiccio.

Il legno è di colore giallastro, a grana densa e perciò duro e tenace; era (ed è)  usato tipicamente per lavori al tornio, con produzione di manici di attrezzi, arnesi agricoli, oggetti ornamentali e sfogliati per l’industria dei pannelli di compensato.

Le foglie sono quelle tipiche di una rosacea: alterne, picciolate, semplici, spesso coriacee di forma da ellittica ad ovata con apice acuto e margini irregolarmente seghettati; pagina superiore color verde-scuro e glabra, pagina inferiore di colore argenteo e puescente.

I fiori sono riuniti in infiorescenze a corimbi eretti di 5-8 cm, con fiori bianchi (simili a quelli di un ciliegio). All’inizio dell’autunno i fiori vengono sostituiti da numerosi cinorrodi (qualcosa di falso ci doveva pur essere) ovoidali con diametro di 1-2 cm, rosso aranciati quando maturi. Come ho appena detto, Il cinorrodo è un falso frutto, ossia un frutto derivante da strutture fiorali diverse dall’ovario. Tipico del genere Rosa, deriva dall’ingrossamento del ricettacolo, è carnoso e forma una coppa che contiene gli acheni, i veri frutti di colore giallo o marrone, frammisti a peli (avete mai aperto un cinorrodo di rosa?). Essi sono commestibili e, dopo essere lasciati maturare nella paglia, erano utilizzati per preparare una salsa che accompagnava i piatti di cacciagione (in realtà anche molti uccelli mangiano le sorbole, quindi l’accostamento culinario è ecologicamente perfetto). In tempi di carestia, inoltre, la loro polpa farinosa era mescolata nel pane (da cui il nome “farinaccio” dato alla specie).

Il sorbo montano è molto utilizzato in campo vivaistico perché molto attraente grazie al colore primaverile ed autunnale delle foglie e a quello dei frutti.

Su Yahoo Answers, infine, leggo che “Sorbole” è un’esclamazione tipicamente bolognese, ha un significato simile a “Perbacco!”, “Perdinci!”, quindi non è una parolaccia e siete autorizzati ad usarla!

Alla prossima,


P.S. Il sorbo montano in foto l’abbiamo fotografato 10 giorni fa sul Pollino.

 

Grazie a loro, ho scritto:


Fiori e piante del Parco del Pollino. Liliana Bernardo (Ed. Prometeo).

Tree Guide. Owen Johnson & David More. Collins.

http://www.altavaltrebbia.net/sorbomontano.htm

http://www.biodiversita.info/

http://www.fruttidimenticati.org/frutti/sorba/sorbaindex.htm

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Ott
09
2008
0

Corbezzolo


 

Memore della bella escursione sul Pollino di domenica scorsa, in mancanza di boschi e sentieri tra le mura casalinghe, ho cominciato a leggere la guida “Fiori e piante del Parco del Pollino” di Liliana Bernardo (Ed. Prometeo) che ho comprato in un fornito bio-agriturismo di Terranova del Pollino (in cui ho finalmente comprato la famosa marmellata di sambuco!). Speravo in realtà di trovare i faggi dorati, gli aceri rossi, e il verde dei pini, degli abeti e degli agrifogli, ma l’autunno è da poco iniziato e bisogna attendere un altro po’. In “compenso”, passeggiando nel bosco, nei momenti in cui non ero immerso nella natura, mi sono soffermato sul paesaggio e sulla vegetazione.

Di specie arboree ce n’erano tante, ma una mia amica mi ha chiesto il nome scientifico del corbezzolo, che in realtà è una specie localizzata nella macchia mediterranea e non è proprio tipica della fascia montana. Anche se, per varie ragioni, sono molto affezionato a questo albero, in quel momento non ricordavo il suo nome (Arbutus unedo). Camminando camminando, poi, ci siamo imbattuti anche nel sorbo montano (Sorbus aria), con le sue infruttescenze rosso scarlatte.
Insomma, tra “corbezzoli” e “sorbole”, vetuste esclamazioni ormai in disuso degne di Nonna Papera (ma anche di Totò, che esclamava spesso così), cercavo di ricordare i nomi scientifici di queste due specie, ma invano. Per fortuna, però, mi è venuto in soccorso il suddetto libro e altro materiale sparso. Cominciamo con il corbezzolo.

In inglese (riporto pari pari dalla mia Tree Guide Collins, che finora non mi ha tradito), il nome comune del corbezzolo è già strano di suo: “strawberry tree” (albero delle fragole).
Il perché di questo nome risiede nel fatto che il frutto maturo somiglia alle fragole: di colore rosso scuro, commestibile, con una superficie ricoperta di granulazioni e una polpa carnosa con molti semi. Le fragole sono però falsi frutti (i frutti veri e propri sono i cosiddetti acheni, ossia i semini gialli che si vedono sulla superficie della fragola), mentre quelli del corbezzolo sono bacche, e quindi frutti veri e propri.

Curiosità: il frutto contiene un alcaloide che può causare problemi digestivi in persone particolarmente sensibili a esso e infatti il nome latino del corbezzolo, attribuitogli da Plinio il Vecchio, consiglia un uso moderato del consumo (unedo da “unum edo” = “ne mangio uno solo”). La tisana al corbezzolo sembra inoltre avere anche proprietà esilaranti (c’è poco da ridere, direte) e dà un leggero stato di ebrezza. I romani gli attribuivano anche poteri magici e sacri: Virgilio, nell’Eneide, dice che, sulle tombe, i parenti del defunto erano soliti depositare rami di corbezzolo in segno di stima.

I corbezzoli infatti non si mangiano freschi (gli uccellini ne vanno pazzi però) ma servono per produrre marmellate, gelatine, sciroppi, succhi, creme, salse e canditi, vino, distillati e prelibati contorni.

Il corbezzolo è originario del bacino del Mediterraneo e della costa atlantica è un albero sempreverde (famiglia Ericacee, come si nota anche dalla forma a campana e dalla corolla dentata dei suoi fiori) alto in media 5-6 m, con portamento spesso arbustivo. E’ una specie molto rustica e resiliente agli incendi perché capace di emettere rapidamente da terra nuovi turioni dopo il passaggio del fuoco, imponendosi così sulle altre specie e fungendo da vera e propria specie pioniera.

Del corbezzolo, i nostri antenati non buttavano niente: anche le foglie del corbezzolo, infatti, essendo ricche di tannini, venivano usate per la concia delle pelli. Le foglie sono ovali lanceolate, di 2-4 cm per 10-12 cm, addensate all’apice dei rami, con picciolo corto e lamina coriacea, superiormente verde-scuro e lucida, inferiormente più chiara e a margine dentellato. Il legno, poi, di colore rossastro, duro ed a grana fine, e’ usato in alcune località per piccoli lavori artigianali e fornisce anche un eccellente carbone.

Curiosità 2: il corbezzolo è stato definito “albero del tricolore” perché in mezzo al suo fogliame di colore verde bandiera spiccano a fine estate i fiori bianchissimi insieme ai frutti di un bel rosso vivace.

Dal momento che fiorisce in ottobre-novembre ed i frutti maturano nell’anno successivo alla fine dell’estate ed in autunno, la pianta ospita contemporaneamente fiori, frutti immaturi e frutti maturi, il che la rende particolarmente bella e ornamentale.

Corbezzoli!

 

Grazie a loro, ho scritto:

 

Fiori e piante del Parco del Pollino. Liliana Bernardo (Ed. Prometeo).

Tree Guide. Owen Johnson & David More. Collins.

http://www.agraria.org/coltivazioniarboree/corbezzolo.htm

http://www.uoei.it/ripadiversilia/apuane/arbusti/arbus3.htm

http://cucina.blogautore.espresso.repubblica.it/2007/12/28/costine-di-maiale-nero-casertano-con-spinaci-e-corbezzoli/

http://www.benessereblog.it/post/1158/un-infuso-al-giorno-tisana-al-corbezzolo-disinfettante-ed-esilarante

 

           
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