Mar
03
2017

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Felci arboree

 

 

Le Pteridofite sono chiamate, in linguaggio comune, “felci”. Costituiscono il phylum più complesso e diffuso tra le piante che non differenziano semi. Hanno avuto il loro momento di massima diffusione nel Devoniano (intorno a 400 milioni di anni fa), quando erano di dimensioni gigantesche e i loro residui hanno dato origine poi ai giacimenti di carbon fossile che sfruttiamo oggi. Le felci comprendono sia specie erbacee che specie arboree (se ne conoscono 12.000 specie, la maggior parte delle quali tropicali). Come tutte le piante, le felci, hanno alternanza di generazioni, cioè è come se una stessa specie comprenda due individui distinti (non in termini di sesso, ma proprio di alternanza di generazioni). A differenza con le Angiosperme (piante con i semi), dove il gametofito (che produce gameti a maturità) si sviluppa sulla pianta madre (sporofito), e quindi non ha una vita completamente autonoma, nelle felci il gametofito è indipendente, una pianta a sé stante, al punto tale che è spesso difficile capire a quale sporofito corrisponda. La cosa è sorprendente e mi aveva stupito già ai tempi dell’università; è come se mio figlio fosse un animale completamente diverso da me, con un corredo cromosomico dimezzato, ma sia a sua volta in grado di dare origine ad un uomo!

Nelle felci, lo sporofito (per intenderci, la pianta con rizomi, radici, fusti e fronde; quella che vediamo facilmente) ha spore prodotte in sporangi racchiusi in organi particolari portati al di sotto delle fonde (sori). Le spore, a maturità, vengono diffuse dal vento e, germinando, danno origine a protalli aploidi, separati dalla pianta madre, e di piccole dimensioni. I protalli sono a tutti gli effetti gametofiti con degli organi chiamati anteridi e archegoni (presenti nella stessa pianta, che quindi è ermafrodita, o in gametofiti a sessi separati), i quali producono rispettivamente gameti maschili (anterozoi mobili) e femminili (oosfere immobili). Gli anterozoi, nuotando nell’acqua che inumidisce i protalli, arrivano negli archegoni e si fondono con le oosfere. Dallo zigote risultante si origina lo sporofito diploide, e il ciclo ricomincia. Gli sporofiti delle felci erano riuniti un tempo nelle Crittogame vascolari, in quanto piante prive di fiori ma con apparati conduttori ben differenziati.

Nei climi mediterranei, le felci sono tipiche piante di sottobosco, con eccezione della felce aquilina, che è eliofila, vive nelle radure e può diventare un’infestante. Questo perché l’umidità, come abbiamo detto, è essenziale per la loro riproduzione e per il loro sistema vascolare non così efficiente come quello delle Angiosperme. Il paese invece più ricco di felci è la Nuova Zelanda, dove, soprattutto nell’isola del Nord, le felci sono le piante forestali predominanti. La Nuova Zelanda è relativamente giovane in termini geologici, ma le sue piante e i suoi animali risalgono a un tempo molto lontano. Grazie al suo lungo isolamento, il Paese si presenta come un vero e proprio vivaio di piante particolari e assai varie, spesso esclusive del suo territorio. Il clima è piovoso, soprattutto nella North Island. Per chi si spinge nella foresta kiwi è impossibile non incontrare le felci arboree. La Nuova Zelanda è infatti una terra di felci, delle quali conta più di 80 specie.

 

Tra di esse si riconoscono con grande facilità la felce “mamaku” (felce nera; Cyathea medullaris), che arriva a 20 m di altezza ed è diffusa nelle gole umide di tutto il Paese. E’ la felce più alta e a rapido accrescimento, con fronde a ombrello alte fino a 6 m e larghe 2 m. Viene chiamata “nera” a causa del suo tronco nero e sottile, segnato da uno schema esagonale o ellittico laddove le fronde si distaccano. Le stipole (i gambi delle fronde) sono di colore blu-nero con una struttura ruvida, e le loro basi sono coperte da una peluria nera e luminosa. La base della felce è spesso molto ampia e rinforzata, e piena di radici aeree ingarbugliate. Per questa ragione, i Maori la utilizzavano per depositare e conservare il cibo, dal momento che era impenetrabile anche per i ratti. Le parti più tenere della pianta, tra cui i nuovi germogli non ancora dischiusi, la base delle stipole e il midollo tenero, erano mangiate fredde dopo essere state bollite in un forno di terra. Una curiosità, “Black Ferns” è il nome della squadra nazionale di rugby femminile della Nuova Zelanda, mentre il logo degli “All Blacks”, la fortissima squadra maschile, è una fronda di felce nera stilizzata.

 

 

 

Un’altra felce molto bella, nonché emblema della Nuova Zelanda, è la “ponga” o “kaponga” (felce argentata; Cyathea dealbata), una specie che arriva a 10 m di altezza e presenta, a maturità, fronde dalla caratteristica coloritura bianca sul lato inferiore, lunghe 1-4 m e larghe 4 m. Le fronde delle piante giovani non sono argentee, ma le piante immature possono essere comunque riconosciute dalle loro stipole color argento. I tronchi degli alberi maturi, nelle zone in cui si distaccano le fronde, hanno una struttura a pioli rivolti verso l’alto, di colore chiaro-argenteo. I Maori usavano il midollo delle stipole per curare malattie cutanee e i tronchi per costruire le pareti delle capanne. La felce argentata, peraltro, è assai diffusa nei loghi di molte aziende, oltre che sulle magliette di molti tra i più importanti marchi sportivi del paese. A novembre 2014, i kiwi sono stati chiamati a cambiare bandiera, cambiando la vecchia (con la Union Jack, retaggio dell’impero coloniale britannico, e la Croce del Sud) con una nuova raffigurante una felce argentata su fondo nero, bianco e blu. Quest’ultima bandiera era stata scelta con un primo referendum, tenutosi a dicembre, tra i cinque bozzetti finalisti di un concorso a cui ne erano stati inizialmente sottoposti oltre diecimila. I risultati del referendum, però, hanno finito per confermare la bandiera tradizionale.

 

 

 

La hen and chickens fern (in lingua maori, “manamana” o “mouki”; Asplenium bulbiferum) è anch’essa molto comune, ma più adattata a foreste più fresche di altura rispetto alle due precedenti. Presente anche in Australia. Produce tantissime fronde di colore verde-pallido (alte fino a 1,5 m e larghe 40 cm) che gradualmente si curvano verso il suolo. Le stipole sono nere e squamose alla base e verdi in alto, e hanno dei solchi sulla superficie superiore. Il nome comune (felce “gallina e polli”) è dovuto al fatto che si formano dei bulbilli (i polli) sulle sue fronde, i quali si distaccano, cadono sul suolo e si sviluppano in nuove piante per via vegetativa (senza passare dalla riproduzione sessuale). Le parti giovani delle piante erano cotte al vapore e mangiate ad insalata.

 

 

 

La crown fern (“piupiu”; Blechnum discolor), presente in molti tipi di foreste, cresce in grandi ciuffi a forma di corona con numerose fronde di colore verde opaco al centro e verde giada ai lati. Si trova nel sottobosco in forma di grandi colonie a causa del suo comportamento stolonifero (gli stoloni sono fusti orizzontali che si estendono nel suolo e formano nuove piante, come succede nelle fragole). In inverno, la felce a corona produce fronde fertili separate dalle altre e che crescono al centro della pianta. Queste fronde fertili sono marroni e a forma di lisca di pesce. Dal momento che non è mangiata da cervi e opossum, è spesso predominante, quasi infestante. Le piante più vecchie possono formare un tronco corto. I Maori mangiano le fronde non ancora dischiuse sia crude che cotte.

 

 

 

Infine, chiudo con l’elegante “wheki” (Dicksonia squarrosa), una delle felci arboree più comuni (2-6 m di altezza) in Nuova Zelada, che cresce dal livello del mare fino a 750 m di altitudine. Il tronco può formare “gemme” che poi sviluppano un proprio tronco, soprattutto se il tronco principale è danneggiato. Anche i rizomi sotterranei possono formare nuovi tronchi. Le fronde sono di colore verde scuro e dure al tatto, mentre la nervatura centrale delle fronde nuove è sospesa e appare come un gonnellino marrone.

 

 

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