Dic
29
2011
0

RNA family (part 1)

[segue dal post precedente]

L’altra volta abbiamo visto che gli RNA sono una grande famiglia con tre genitori (mRNA, rRNA e tRNA) e una serie di figlioletti, non meno importanti. Questi pargoli sono chiamati “RNA non codificanti”, o anche sRNA (“piccoli RNA regolatori”), perché non sono tradotti, cioè non portano informazioni per proteine. Questo fa pensare ad un originario mondo ad RNA, in cui questa molecola aveva sia un ruolo codificante che uno catalitico, quindi era in grado di portare informazioni ma anche di funzionare come un enzima, accelerando e favorendo alcune reazioni chimiche importanti per la vita. Anche se altri pensano invece che la funzione catalitica dell’RNA sia recente, il ruolo degli RNA nel controllo epigenetico degli organismi rimane di primaria importanza e per la maggior parte ancora da scoprire.

I micro RNA (miRNA) sono lunghi dalle 21 alle 26 basi e sono stati scoperti per la prima volta nel vermaccio Caenorhabditis elegans. Il precursore di questi miRNA è una molecola a doppio filamento più lunga (pre-miRNA), che viene poi tagliata in miRNA. A questi miRNA vengono aggiunti gruppi metilici per proteggerli dalla degradazione; successivamente vanno a finire nel citoplasma, dove incontrano e si legano ad un insieme di proteine (formando il complesso RISC; RNA-induced silencing complex). E’ allora che un filamento di RNA viene degradato e rimane solo la proteina con il suo frammento a singolo filamento di RNA di 21-26 basi. Questi RNA-folletto con proteina in attachment si legano agli mRNA di alcuni geni (solitamente alle porzioni non tradotte al 3’ e al 5’) impedendone la loro traduzione, oppure degradandoli. Gli mRNA sono sottoposti a questo trattamento non vengono più tradotti. Quindi niente più proteina corrispondente. Alla fine di tutto questo macello, capiamo che i miRNA intervengono nel controllo epigenetico, dal momento che non impediscono agli mRNA di essere trascritti, ma li bloccano o li degradano successivamente, in fase post-trascrizionale. Possono quindi regolare i livelli dei vari mRNA sotto il loro controllo, inducendo ad esempio una cellula di una pianta a diventare cellula radicale e un’altra in cellula del germoglio, pur avendo queste cellule lo stesso patrimonio genetico.

In questo bel video è illustrato il blocco della traduzione ad opera di un miRNA:


Nel’uomo, alcuni miRNA sono coinvolti in alcune specie di tumore e compaiono in seguito a scambi di DNA tra cromosomi diversi (traslocazioni). In Arabidopsis, pianta modello per eccellenza, i miRNA sono stati molto studiati: sono stati riscontrati più di 160 geni che codificano per pre-miRNA, e molte proteine fanno parte del complesso RISC. La più curiosa, ubiquitaria e scoperta anche in Arabidopsis, è ARGONAUTE1. Come gli Argonauti, sotto la guida di Giasone, cercarono il vello d’oro, le proteine ARGONAUTE, in compagnia dei fedeli compagni miRNA, cercano i loro mRNA per disattivarli (n.d.r., personale interpretazione del nome della proteina). Il curioso fatto che siano presenti sia in piante che animali e che il loro funzionamento è pressoché simile, fa pensare che questo meccanismo sia molto antico, risalente a prima della separazione dei due gruppi. In Arabidopsis, difetti mutazioni in alcuni geni codificanti per miRNA provocano difetti negli embrioni e nei fiori, e sono la causa di tante altre anomalie, per cui questi miRNA sono essenziali e non accessori. Sempre in Arabidopsis, alcuni miRNA determinano le differenze che ci sono tra pagina superiore di una foglia, solitamente specializzate nella fotosintesi, e pagina inferiore, che sono più specializzate per gli scambi di ossigeno e anidride carbonica; il loro DNA è lo stesso, ma l’inibizione di alcune proteine-chiave da parte di specifici miRNA determina la differenza morfologica e funzionale di questi due tipi cellulari. Conosciamo molti miRNA e a grandi linee il funzionamento del complesso RISC, ma ancora molto c’è da scoprire. Di sicuro, essi sono evoluzionisticamente molto antichi, perché molti miRNA sono presenti in copie multiple conservate e sono molto espressi in tutte le specie vegetali, ma anche in quelle animali!

Gli altri folletti della famiglia degli RNA non codificanti sono i piccoli RNA nucleari (small nuclear RNA; snRNA). Queste piccole molecole, scoperte negli anni ’80, sono ricche di uracile (una delle quattro basi dell’RNA) e intervengono nel processo di splicing, in cui alcuni frammenti di mRNA (introni) sono tagliati, portando al messaggero maturo e pronto per essere tradotto in proteina. Sono inoltre coinvolti nella regolazione di alcuni fattori di trascrizione, o della stessa RNA polimerasi II o ancora nel mantenimento dei telomeri, le porzioni terminali dei cromosomi. Questi snRNA si legano a complessi proteici chiamati SNURPS (small nuclear ribonucleoproteins, snRNP), ed i più importanti sono U1, U2, U5 e U4/U6. C’è anche un interessante catalogo on-line sia di snRNA che di snRNP in Arabidopsis.

Ora che c’entra il controllo epigenetico con lo splicing? C’entra perché un mRNA appena trascritto può dare origine a diversi trascritti maturi, in base ai frammenti che vengono rimossi durante il processo di maturazione. Poiché molte proteine sono modulari, cioè formate da domini ognuno dei quali è semi-indipendente dagli altri, la presenza o l’assenza di alcuni introni nell’mRNA maturo può dare origine a diverse proteine. Questa discriminazione non è dovuta al codice genetico custodito nella “cassaforte nucleare” del DNA, ma è un controllo post-trascrizionale che può avvenire in diverse modalità in diversi organismi o in diverse popolazioni cellulari di uno stesso individuo o ancora nella stessa popolazione cellulare nelle vari fasi dello sviluppo. Siamo quindi proprio nel campo dell’epigenetica.

Nel video seguente potete vedere il processo di splicing dell’RNA:


Qui sotto invece c’è un video che mostra un snRNA umano in azione.


Altri mocciosi della RNA-famiglia sono i piccoli RNA nucleolari (small nucleolar RNAs; snoRNA), i quali si associano a proteine formando dei complessi (small nucleolar ribonucleoproteins, snoRNP) che modificano i precursori dell’RNA ribosomiale (rRNA; vedi post precedenti) aggiungendo ad esempio gruppi metile (ci torneremo in seguito su questo punto), come nel caso di U14, U15, U16, U20, U21 e U24-U63, oppure trasformando uracile in pseudo uracile, come per E2, E3, U19, U23 e U64-U72. Agiscono a livello dle nucleolo perché è in quella parte del nucleo, fortemente attiva, che gli rRNA sono trascritti. Nei complessi snoRNP, così come negli snRNP, la porzione di RNA si appaia all’RNA bersaglio, mentre la componente proteica funziona da enzima e catalizza la modifica dell’RNA bersaglio.

Come vedete, la famiglia degli RNA si sta allargando, ma non siamo ancora alla fine…

Alla prossima!

[continua]

 

Grazie a loro, ho scritto:

 

Baumberger, N., Baulcombe, D.C. (2005) Arabidopsis ARGONAUTE1 is an RNA Slicer that selectively recruits microRNAs and short interfering RNAs. PNAS, 102 (33): 11928-11933

Clancy, S. (2008) RNA functions. Nature Education 1(1)

Phelps-Durr, T. L. (2010) MicroRNAs in Arabidopsis. Nature Education 3(9):51

Pontes, O., Fei Li, C., Costa Nunes, P., Haag, J., Ream, T., Vitins, A., Jacobsen, S.E., Pikaard, C.S. (2006) The Arabidopsis Chromatin-Modifying Nuclear siRNA Pathway Involves a Nucleolar RNA Processing Center. Cell 126: 79-92

Williams, R.W., Rubin, G.M. (2002) ARGONAUTE1 is required for efficient RNA interference in Drosophila embryos. PNAS, 99 (10): 6889-6894

www.news-medical.net/news/20100202/Argonaute-binds-to-microRNA-and-shuts-down-protein-production.aspx?page=2

www.plantgdb.org/SRGD/ASRG/AtsnRNA.php

www.plantgdb.org/SRGD/ASRG/Display.php?GID=1.4

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Dic
02
2011
0

L’RNA: al di sopra di ogni genetica

[segue dal post precedente]

Sembra quindi che il determinismo genetico, per cui ogni sequenza di DNA corrisponde ineluttabilmente a qualche caratteristica  di un organismo (se positiva o negativa ce lo dirà la selezione naturale), sia un mito che con il tempo sta perdendo sempre più smalto. I ricercatori lo hanno già capito con il sequenziamento completo dei genomi, ormai una tecnica di routine: considerando le dimensioni dei genomi si aspettavano infatti di trovare milioni o centinaia di migliaia di geni, e invece l’ordine di grandezza è stato in media di poche decine di migliaia (almeno negli animali e nelle piante, uomo compreso). Le istruzioni principali sono quindi poche, ma la complessità sta nel loro assemblaggio, sequenzialità, coordinamento spaziale e temporale. Il concetto mi ricorda un po’ le costruzioni della Lego (quelle serie di anni fa, non quelle per i bambini di oggi!). In poche bustine c’erano tutti i pezzi per costruire un’astronave ad esempio – a dir la verità ne mancava sempre qualcuno – ma sul libretto di istruzioni c’era anche la possibilità di costruire giochi alternativi, partendo dagli stessi pezzi, e la fantasia faceva il resto, per cui le combinazioni erano pressoché infinite. La stessa cosa avviene per il DNA: tutto parte da un alfabeto di sole 4 basi (A, T, C, G) e dalle loro innumerevoli combinazioni, modificazioni e legami con altre molecole.

Il guaio è quindi che la complessità non risiede solo nella sequenza, ma anche nei livelli successivi, come nella trascrizione, nella traduzione, nella replicazione, ecc. ecc. (vedi il post precedente). Tenendo conto di tutte questi livelli di complessità, si capisce bene che le combinazioni diventano infinite e, anche partendo da poche decine di migliaia di geni, si possono ottenere organismi complessi. Per questo motivo, oggi si parla spesso di “epigenetica”, cioè “al di sopra della genetica”, cioè lo studio delle variazioni del fenotipo (aspetto di un organismo) determinate dei cambiamenti del livello di espressione dei geni causati da meccanismi diversi dalle modificazioni del DNA. In parole povere, non è necessario che la sequenza di DNA, lunga 3 miliardi e rotte di basi nell’uomo, cambi per avere differenze di fenotipo; si riscontreranno variazioni anche se la sequenza di DNA non varia. Ma allora da cosa sono causate queste variazioni? Scartando le spiegazioni metafisiche, ci dev’essere qualche ragione molecolare, anche se estremamente complessa. E di ragioni, purtroppo per i ricercatori che le devono studiare, ce ne sono tante; troppe. Da qualche parte dobbiamo iniziare però. E cominciamo con l’RNA.

Ora, l’RNA è una molecola strana. Non sto qui ad elencarne tutte le proprietà (vedete un confronto con l’RNA nella figura in alto e trovate molte informazioni su questo bell’articolo: Clancy, S. (2008) Chemical structure of RNA. Nature Education 1), ma sembra che essa sia molto più antica del DNA stesso. Mentre quest’ultimo è una specie di pergamena con le istruzioni per costruire un organismo, chiusa in una cassaforte da cui non esce mai, l’RNA è una molecola molto più adattabile, plastica, reattiva e labile. Il fatto che sia adattabile, lo si comprende dai vari tipi di RNA che si trovano in giro per la cellula; essi sono accomunati dalla loro sequenza primaria (con le 4 basi azotate  A, U, C, G, lo zucchero ribosio e un gruppo fosfato) ma le loro funzioni sono completamente diverse. Si ipotizza che le prime forme di vita fossero basate proprio sull’RNA e che il DNA derivi da esso. Questo perché, mentre oggi ogni classe di molecole ha solitamente una specifica funzione, nel passato i contorni sono stati  probabilmente più “sfumati” e poche molecole avevano vari compiti. Il problema si pose qualche anno fa nei forma della tipica precedenza di nascita dell’uovo o della gallina. Cioè, se il DNA viene replicato in altro DNA (per essere poi distribuito nelle due cellule figlie), trascritto in RNA, e poi l’RNA viene tradotto in proteine ad opera di altre proteine, come si sono potute formare le prime proteine dal momento che le proteine (necessarie per la replicazione, trascrizione e replicazione) ancora non c’erano? La questione è un po’ complicata e meriterebbe forse un post a parte, ma a quanto pare era l’RNA che faceva un po’ tutto: fungeva de depositario delle informazioni genetiche, funzione che oggi compie il DNA,  e nello stesso  tempo da catalizzatore, cosa che oggi fanno gli enzimi, una classe di proteine che facilitano e velocizzano alcune reazioni chimiche necessarie per la vita. In tutto questo, l’RNA era forse aiutato anche da composti inorganici, quali le argille, che fungevano da “stampo” per ordinare tutte queste molecole nel modo ordinato che contraddistingue gli organismi viventi. La vita sembrerebbe quindi essere nata in bacini argillosi non molto profondi e senza correnti, con acqua salata a temperatura costante, e non negli oceani come si è sempre pensato. Ma di anni ne sono passati 4 miliardi e più, quindi si tratta di ipotesi, seppure avvalorate da molti esperimenti.

Tornando all’RNA, fino a qualche anno fa, si pensava ce ne fossero di tre tipi: RNA messaggero (mRNA), RNA ribosomiale (rRNA) ed RNA transfer (tRNA). I primi erano il prodotto della trascrizione dei vari geni, sintetizzati nel nucleo sullo stampo del DNA, i secondi erano componenti dei ribosomi, organelli presenti nel citoplasma dove avviene la sintesi proteica (traduzione), e i terzi legavano e trasportavano gli aminoacidi sui ribosomi, quando era necessario legarli l’uno con l’altro seguendo istruzioni specifiche presenti sull’mRNA. Nel remoto e malaugurato caso siate intressati al meccanismo molecolare, nel video qui già c’è tutto l’ambaradan.



Queste tre classi di RNA, tutte fondamentali e così diverse tra loro, non sono però coinvolte nei processi epigenetici. Sono parte del sistema grazie al quale otteniamo proteine a partire dalle istruzioni del DNA, ma non sono responsabili delle variazioni fenotipiche degli organismi.

La scoperta di altre classi di RNA era però alle porte, e lo studio delle piante sarebbe stato cruciale. Ma questa è la storia del prossimo post…

[continua]

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