Feb
28
2011

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Autumn artificial leaves

 


Un giorno di qualche anno fa, una ricercatrice mi disse: “So di non sapere e questa mia consapevolezza mi rende umile e desiderosa di conoscenza”. Rimasi basito da questa estemporanea manifestazione, ma allo stesso tempo ricordavo di averla già sentita da qualcun altro. Terrorizzato dalla reazione di una eventuale mia (ironica?) osservazione, e considerando lo statuario volto bellicoso davanti a me, non ribattei. Dubitavo di lei, come al solito a ragione, ma me ne accorsi troppo tardi per non pagarne le amare conseguenze. Ricordo ancora però quella frase, attribuita da Platone a Socrate poco prima della sua condanna a morte, e mi è sovvenuta anche ieri, facendo lezione. Mentre parlavo, la lingua toccava dove il dente doleva e non vedevo l’ora di finire per controllare.

La lezione era sull’uso di acqua da parte delle piante, ma a livello molecolare. Come sempre dicevo ai ragazzi dell’istituto alberghiero in cui insegnavo, le piante “mangiano” acqua, nel senso che la utilizzano come materia per nutrirsi. Pochi ci pensano, ma l’ossigeno gassoso (O2) deriva quasi interamente da quello dell’acqua (H2O). In parole povere, le piante (e alcuni batteri fotosintetici) sono gli unici organismi in grado di compiere questo processo “ossigenico”, cioè che “produce ossigeno”. Durante l’università rimasi affascinato da questo fatto e quando trovai la prima spiegazione su un libro di fisiologia, divorai quelle pagine. Curiosamente, l’ultima domanda che il professore mi fece all’esame, quella della lode per intenderci, riguardava proprio questo argomento, ma io, in preda all’emozione del momento (chiedete ad un innamorato della sua amata e vedete cosa accade) mi confusi e quindi la sbagliai, ma questa è un’altra storia.

Tornando alla mia lezione, mi sono trovato davanti alla domanda su come le piante facciano a scindere l’acqua e a utilizzarne i suoi atomi ed elettroni. L’O2 è un materiale di scarto, nel senso che le piante lo liberano in atmosfera attraverso gli stomi (vedi post precedente), ma anche questo non è del tutto vero, dal momento che anche loro respirano! L’idrogeno in forma ionica (protoni, H+) e i relativi elettroni (e–) seguono invece un’altra sorte e fungono da motore energetico principale per la fotosintesi. Nelle piante ossigeniche, quindi, la fotosintesi parte proprio dalla scissione delle molecole di acqua (anche se gli elettroni e i protoni potrebbero provenire anche da altri composti che non siano necessariamente acqua).
Il processo è sorprendente, dal momento che l’acqua è un composto molto stabile e le piante sono le uniche a compiere la sua scissione in natura (meccanismo di water-splitting o, da un altro punto di vista, oxygen-evolution). Come in tutti i processi “strani”, sono coinvolti meccanismi e atomi “strani”. In questo caso il manganese (Mn) è il protagonista di un complesso proteico in cui avviene una serie di reazioni di ossidazione dell’acqua che portano fino alla scissione. Il funzionamento del processo è illustrato in modo approfondito qui e somiglia un po’ a quello di una ruota di mulino a cinque fasi che gira a spese di energia luminosa (servono almeno 8 fotoni per ogni molecola di acqua) invece che di vento. Lo vedete anche qui in basso.

Ora giriamo apparentemente pagina.

Si stima che il consumo globale di energia aumenterà di almeno due volte entro il 2050 e ci sarà un uso spropositato di carbone fossile. Da questo è facile comprendere che è necessario continuare ad investire sulle energie rinnovabili. E cosa c’è di più rinnovabile dell’energia solare? Il problema è catturare questa energia. Il sole irraggia da tutta la sua superficie, ma solo una piccolissima parte di questa energia investe la Terra e solo l’1% di questa viene catturata dalle piante per fare fotosintesi, e infine solo una parte di questo 1% (se tutto va bene, la metà) è accumulata negli zuccheri che la pianta produce; il resto è perso come calore e speso per far andare avanti tutto il processo. Il vantaggio delle piante è che non richiedono manutenzione, costano poco e accumulano l’energia; cose impensabili per gli attuali pannelli fotovoltaici, i quali hanno un’efficienza maggiore, ma devono essere prodotti e riparati a spese nostre, e sono costosi.

Dato che le piante producono il proprio combustibile, gli zuccheri, a partire da luce solare, aria e acqua, senza generare emissioni dannose, alcuni ricercatori stanno progettando “foglie artificiali” che, in modo simile, potrebbero convertire la radiazione solare e l’acqua in H2, utilizzabile per alimentare i veicoli o produrre elettricità e calore. Il problema è che le cose che appaiono “semplici”, come appunto una foglia, in realtà non lo sono. Una foglia è un organo estremamente complesso, regolabile ed efficiente e, al contrario delle macchine, in grado di auto-ripararsi. La “foglia artificiale” dovrebbe catturare luce (fotoni) mediante un materiale fotovoltaico in forma di sottili fogli flessibili composti da nanocavi di silicio, scindere le molecole di acqua in H+, elettroni e O2 mediante questa energia raccolta, eliminare l’ossigeno, e ricombinare ioni idrogeno ed elettroni per formare molecole di idrogeno gassoso (H2). Questa forma di idrogeno potrebbe poi essere usata come combustibile. I catalizzatori da usare (che sostituiscono il compito svolto dalle decine di enzimi della fotosintesi fogliare) dovrebbero poi essere economici, resistenti ed efficienti…

Parallelismi tra foglia artificiale e circuito elettrico (fonte: Lewis e Nocera, 2006)

La separazione di protoni (H+), elettroni e ossigeno in una foglia artificiale (fonte: Gray, 2009)


Compito arduo imitare la natura, insomma.

Le prime reazioni della fotosintesi convertono la luce solare in una corrente, con produzione di ossigeno gassoso (O2). Dal momento che, prima o poi, l’ossigeno ossiderà gli zuccheri prodotti dalla stessa pianta (dato che respirano quello che producono, se no cosa produrrebbero a fare?), il ciclo si chiude e non si hanno rilasci netti di anidride carbonica (CO2) in atmosfera. Imitare la fotosintesi significherebbe quindi avere energia netta gratis senza aumentare l’effetto serra. L’ostacolo maggiore, e qui ritorniamo all’inizio del post, è proprio il complesso che scinde l’acqua, il quale è estremamente efficiente nelle foglie ma nessuno è ancora riuscito a creare in laboratorio. Senza di quello non si va da nessuna parte. Un altro ostacolo risiede nella separazione delle cariche + e –, che nelle cellule delle foglie sono efficacemente divise (non si devono ricombinare subito, se no addio fotosintesi): da una parte il flusso di protoni positivi (H+) e dall’altra gli elettroni negativi (e–). Soltanto alla fine questi si devono ricombinare, e la loro ricombinazione deve fornire energia che le cellule usano per produrre altre sostanze (ATP e NADPH), che a loro volta serviranno per sintetizzare gli zuccheri. Se non vi ho ancora scocciato e siete interessati, leggete questo articolo per capire come i ricercatori stanno affrontando il problema.

A distanza di anni, mi chiedo come abbia fatto allora ad appassionarmi al complesso di scissione dell’acqua!

 

Grazie a loro, ho scritto:

 

Harry B. Gray (2009) Powering the planet with solar fuel. Nature Chemistry 1, 7 (2009)

Nathan S. Lewis and Daniel G. Nocera (2006) Powering the planet: chemical challenges in solar energy utilization. PNAS, October 24, vol. 103, no. 43: 15729–15735

Oxygen Evolution, http://4e.plantphys.net/article.php?ch=7&id=72

Plant Biochemistry, Third edition. Hans-Walter Heldt. Elsevier

Platone, Apologia, 20 e-23 c. Disponibile su :http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaS/SOCRATE_%20SO%20DI%20NON%20SAPERE%20%28PLATO.htm

Reinventare la foglia (2011) Le Scienze gennaio 2011, n. 509. Disponibile su: http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Reinventare_la_foglia/1346043

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