Ago
30
2008
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Tasso


 

Mi piace ogni tanto scrivere dei post su alcune specie vegetali. In particolare, a me piacciono gli alberi, sia in senso scientifico che culturale e spirituale. Chiacchiere a parte, era mio desiderio da tanti giorni fare un bel post sul tasso, ma il tempo non me l’ha finora permesso. Approfitto di questi giorni di letture varie, in cui ho avuto il tempo di documentarmi.

Il tasso europeo (Taxus baccata L.) è una specie entrata ormai nell’immaginario collettivo. Questo non solo a causa del suo principio attivo velenoso, di cui parlerò più avanti, ma anche per la leggendaria resistenza del suo legno, affermatosi nella manifattura dell’arco da getto dalla fine del glaciale fino a due secoli fa – due esempi: l’arco della mummia del Similaun e l’arco lungo inglese nel Medioevo. Il suo stesso nome deriva dal greco “taxòn” (“freccia”), nel senso letterale del termine, cioè che con il suo veleno si intingevano punte di freccia. “Baccata” perché i suoi semi sembrano delle bacche, ma in realtà, come vedremo, sono falsi frutti.

Anche se è spesso propagato per talea e usato per comporre grandi siepi, il tasso allo stato naturale può essere molto longevo. E’ inoltre difficile stabilirne l’età perché gli anelli di crescita del legno non sono sempre visibili e perché spesso il centro del tronco diventa cavo con il passare del tempo. Dalle mie parti, nella foresta Umbra sul Gargano (la creatura infatti preferisce luoghi ombrosi, freschi e suoli calcarei) ne esistono esemplari che hanno molto probabilmente 1500–2000 anni di età. La “Tree Guide” che sto sfogliando mi dice anche che ci sono esemplari oltre i 2000 anni in Inghilterra, Galles e nord della Francia, dove veniva piantato nei cimiteri ed è, per questo motivo, sfuggito all’eradicazione da parte dei pastori. Come sempre, quando si analizzano questi numeri, si riflette sull’assurdità della concezione dell’uomo come “anello finale preferito, predeterminato e finale” della scala evolutiva. Potrei dire che quando molti tassi c’erano già quando è nato Gesù, ma oltre a nominarlo invano, cadrei nell’errore prima elencato!

Il tasso è una conifera sempreverde, così come il pino e l’abete – tanto per intenderci, con una crescita estremamente lenta. Dopo molti anni può raggiungere i 15–20 metri (eccezionalmente 25 m) di altezza, ma esemplari simili non sono facili da trovare. La chioma è spesso di forma irregolare e ha un colore verde scuro; la corteccia è rossastra e i germogli sono interamente verdi. Spesso gli esemplari si rinvengono all’ombra di grandi faggi e agrifogli, sotto forma di siepi e cespugli laddove si addensano affioramenti calcarei. Questo favorisce il suo comportamento di specie pioniera e il suo insediamento nelle fasi iniziali della costituzione di un consorzio forestale. Rarissime sono invece le tassete pure. Ha un areale latitudinale molto ampio (dall’Inghilterra al Nord Africa), uguagliato solo dalla betulla, ma la sua frequenza è bassissima ovunque.
Le foglie sono aghetti lineari lunghi fino a 3 cm e di colore verde molto scuro nella pagina superiore. Dimenticavo di dire che sono molto velenose! La prima volta che ho visto un grande esemplare di tasso è stato nella foresta Umbra e ricordo un bimbo che, incuriosito, aveva preso sue foglioline e la guida incazzatissima, non perché preoccupata per la sorte del bimbo ma per lo sfregio di una creatura di 2000 anni.

E’ una pianta a sessi separati (dioico), con esemplari maschili e femminili, ma, in habitat particolarmente ostili, in cui l’impollinazione anemofila e la sopravvivenza diventano difficili, sono stati riscontrati anche individui ermafroditi (nelle piante è la “normalità”, niente paura!). I fiori maschili sono raggruppati in amenti (avete presente i fiori il castagno?) mentre quelli femminili si trasformano in un arillo, cioè una parte esterna al seme che cresce insieme ad esso ed è carnosa e colorata di rosso a maturità in autunno (spesso confusa per il frutto, che in realtà non c’è). L’arillo è l’unica parte della pianta non tossica e dolce affinché gli uccelli se ne possano nutrire e possano disperdere il seme (disseminazione zoofila). Vorrei capire qual è la via biosintetica bloccata nell’arillo che provoca la mancata biosintesi del veleno ma non ho trovato molto (alcuni precursori intermedi sono però la baccatina III e la desacetilbaccatina III). La disseminazione anemofila è favorita dal fatto che gli affioramenti calcarei su cui il tasso vive sono anche l’habitat preferito da molti uccelli frugivori.

Il veleno del tasso si chiama, nemmeno a farlo apposta, taxolo. E’ un alcaloide (contiene azoto) diterpenoide (scheletro carbonioso simile agli idrocarburi) con un effetto narcotico e paralizzante sull’uomo e su molti animali domestici, a causa del suo effetto sui microtubuli (che formano l’impalcatura delle cellule). Infatti, la catena laterale del taxolo altera l’equilibrio di polimerizzazione/depolimerizzazione dei microtubuli provocando la formazione di strutture microtubulari altamente stabili e conseguentemente alterando i meccanismi che regolano il ciclo cellulare. Il contenuto di taxolo nel tasso europeo vanno dallo 0,001% nel fusto allo 0,0006% nei rami. Il taxolo è commercializzato come antitumorale con il nome di Paclitaxel. Per 0,01 g di taxolo (= ½ dose per un trattamento!) è richiesta tutta la corteccia di un albero di 100 anni. Per i tumori ovarici, solo negli USA, occorrerebbero circa 25 kg di taxolo, estratto da circa 40.000 alberi.

Del resto, la duplice attività tossica e medicamentosa del taxolo era già ben conosciuta ai tempi dei Romani (nel “De bello gallico” di Cesare era descritto come veleno letale) e delle tribù indigene dell’America nord-Occidentale, che usavano estratti dalla corteccia del tasso americano come disinfettante, abortivo e addirittura anti-melanoma. Per gli amanti della cucina, se preparate correttamente, le bacche possono causare allucinazioni. Ad Ecate, regina latina delle streghe e della magia, il tasso era sacro e a questa divinità si immolavano tori neri adornati con ghirlande di tasso. Ovidio narra che la strada verso l’inferno era ombreggiata da tassi. Shakespeare ne parla nel Macbeth dove, in occasione di un sabba notturno, le streghe rimestano un pentolone contenente, fra gli altri ingredienti, “rametti di tasso recisi in eclissi di luna”. In un’altra famosa opera di Shakespeare, il fantasma del padre di Amleto racconta al figlio di essere stato ucciso dal fratello con succo di tasso versato nelle orecchie mentre egli dormiva.

Il tasso è non solo longevo ma ha anche una vitalità rigenerativa eccezionale (si riproduce facilmente per via vegetativa, cioè da piccoli ramoscelli), grazie alla quale si è sottratto alla decimazione naturale che è avvenuta alla fine del Terziario e che è culminata con le glaciazioni quaternarie. Il suo veleno e il suo arillo sono state le sue sole armi vincenti, rispettivamente per “scampare” gli erbivori che abitavano le praterie dei periodi glaciali e ben conoscevano il suo veleno e per “scappare” nel sistema digerente degli uccellini verso il nord Europa e le zone montuose.

 

Grazie a loro, ho scritto:

 

Le faggete appenniniche. Quaderni Habitat. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Museo Friulano di Storia Naturale.

Tree Guide. Owen Johnson & David More. Collins.

http://farmacia.unipr.it/html/SEPS/mol.veget.per_emisint.-_2007-pra.pdf

http://it.wikipedia.org/wiki/Taxus_baccata

http://www.deaecate.it/Garden/giardino.htm

Appunti vari…

 

 

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