Giu
08
2021

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La coltivazione di colture da biomassa in un’ottica di agricoltura sostenibile, rigenerativa e multifunzionale

Questo mese ripartiamo con un argomento più agronomico. Sono stato coinvolto nella stesura di un testo  sulle biomasse rivolto agli studenti. Tra le altre cose, si è parlato con i colleghi di vocazionalità dei terreni per la coltivazione di queste colture. Il risultato (si tratta una parte che non sarà pubblicata sul testo finale), è quello che leggete qui sotto.

 

L’aumento dei terreni dedicati a colture da biomassa ed energetiche non può essere incontrollato, per cui è necessario porre attenzione alla loro reale sostenibilità economica ed agroambientale. Infatti, i residui agricoli e forestali hanno un ruolo chiave nel mantenimento della fertilità dei suoli, nel controllo dell’erosione e nella salvaguardia della biodiversità edafica, per cui la loro rimozione può porre seri problemi agronomici e ambientali. È inoltre necessario considerare che le colture da biomassa ed energetiche, per quanto possano essere marginali, occupano suoli agrari destinati a produzioni alimentare. Per uno sviluppo realmente sostenibile di queste colture, è quindi necessario accertare la loro piena accettabilità economica, ambientale e sociale, e valutare la convenienza e l’interesse economico delle imprese agricole locali.

Per stimare la produzione potenziale di biomassa da colture dedicate, dovrebbero essere presi in esame diversi scenari produttivi sulla base (a) delle effettive possibilità di inserimento di ciascuna specie considerata nei contesti produttivi del territorio di riferimento (superfici potenzialmente destinabili), e (b) delle rese unitarie medie che queste possono garantire nei diversi ambienti pedoclimatici. È poi necessario valutare le superfici potenzialmente idonee mediante a) la stima delle superfici facilmente meccanizzabili, e quindi più adatte alla coltivazione di colture di carattere industriale, e b) la stima delle superfici ricadenti in areali rispondenti da un punto di vista pedoclimatico alle esigenze colturali di ciascuna specie considerata. Successivamente, all’interno delle aree prescelte, devono essere selezionati i seminativi ritenuti potenzialmente utili alla coltivazione di specie da biomassa, basandosi su parametri fisico-climatici, quali a) le classi di tessitura del suolo (medio impasto, pesante, sabbiosa e scheletrica), e b) i valori dell’indice di aridità stagionale (rapporto tra piovosità ed evapotraspirazione potenziale; utile per selezionare colture con un basso fabbisogno idrico).

Per una gestione sostenibile dei processi produttivi delle colture da biomassa e da energia è necessario definire gli areali di coltivazione più adatti per ciascuna coltura sulla base a) dei caratteri ecofisiologici delle colture (utili per determinare la maggiore affinità tra “classe pedoclimatica” e specie coltivata), e b) dei criteri quali-quantitativi di tipo agronomico, anche dal punto di vista tecnico e socio-economico. A titolo di esempio, dovrebbero essere privilegiate le colture che garantiscono produzioni pregiate (ad es., pioppo) negli areali dalle caratteristiche pedoclimatiche migliori, evitando l’introduzione delle specie più “rustiche” e produttive (ad es., canna comune e cardo) nei medesimi areali.

Le colture da biocarburanti, quali mais e colza, stanno ultimamente ricevendo molto sostegno politico, in quanto si suppone che mitighino i cambiamenti climatici e riducano la dipendenza dalle fonti di energia non rinnovabili. In realtà, questo bilancio energetico neutrale (per cui: CO2 fissata dalla fotosintesi = CO2 emessa per combustione), non tiene conto del suolo utilizzato e del fatto che queste colture rendono solo un decimo dell’energia per metro quadrato se comparate alle pale eoliche o ai pannelli solari. Inoltre, ci sono molte altre questioni ambientali che mettono in dubbio i benefici delle colture da biocarburanti: a) l’energia aggiuntiva necessaria per produrre, raccogliere, lavorare e trasportare la biomassa; b) il rilascio di gas serra più pericolosi della CO2; c) la conversione di terreni forestali (ripulitura, deforestazione) o l’aratura dei pascoli, che contribuiscono a rilasciare CO2; d) la diminuzione di biodiversità e gli effetti negativi sulle risorse idriche e sulla qualità del suolo, a causa della diffusione delle monocolture, dell’uso massivo di acqua per l’irrigazione e di prodotti agrochimici, e degli effetti dei nuovi flussi commerciali delle filiere di pellet di legno, biodiesel ed etanolo Le colture da biocarburanti pongono anche seri problemi etici, a causa della sottrazione di terreni potenzialmente coltivabili per produrre cibo e per l’enorme numero di persone che ancora oggi soffrono la fame (800 milioni, secondo la FAO).

Da quanto finora scritto, il sostegno alla produzione di biomasse e di biocombustibili potrebbe comportare incentivi perversi e serie ripercussioni sull’ambiente, per cui dovrebbe essere cambiata radicalmente in modo sostenibile (ad es., pratiche colturali poco intensive e a basso “input” energetico che proteggano i suoli, studio della vocazionalità dei suoli, rotazione delle colture, protezione della biodiversità e delle risorse idriche) per evitare danni ecologici e sociali. Per un uso realmente sostenibile delle biomasse, bisognerebbe prediligere l’utilizzo di residui colturali e rifiuti, e la coltivazione in zone marginali, più che predisporre nuove coltivazioni e aumentare il consumo di una risorsa preziosa e non rinnovabile come il suolo. Non c’è infatti beneficio nella sostituzione dell’uso non sostenibile del combustibile fossile con l’uso non sostenibile della biomassa e dei biocombustibili. Nella tabella in basso sono riportati, per alcune delle principali colture da biomassa, i relativi impatti su differenti aspetti pedologici e dell’agrosistema in senso più ampio.

 

Valutazione dell’impatto ambientale delle colture energetiche sulla base delle pressioni sulle matrici ambientali (A = basso, B = medio, C = alto rischio, n/a= criterio non rilevante ai fini della pressione considerata). Fonte: Agenzia Europea per l’Ambiente.

 

Lo studio degli aspetti agricoli e forestali è fondamentale per valutare il grado di vocazionalità del territorio allo sviluppo delle filiere da biomassa ed energetiche. In particolare, è fondamentale analizzare la distribuzione delle varie superfici sul territorio e classificarle in base ai caratteri pedoclimatici prevalenti. Partendo da questi dati, è possibile stimare sia i quantitativi massimi annui di biomassa residuale da attività agricole e forestali, sia le superfici potenzialmente destinabili alla coltivazione di specifiche colture dedicate e le rese medie prevedibili nei diversi areali di coltivazione.

Per le biomasse ligno-cellulosiche, possono essere considerate tre possibili fonti di approvvigionamento (residui selvicolturali, residui agricoli, coltivazione di colture dedicate), mentre, nel caso degli oli vegetali, si devono considerare le rese ottenibili dalla coltivazione già presenti nell’area. Lo studio di fattibilità si dovrebbe articolare nelle seguenti fasi: a) stima quantitativa della biomassa residua massima ottenibile, b) stima dell’estensione dei suoli potenzialmente adatti alle coltivazioni, c) stima delle rese unitarie ottenibili dalla coltivazione di ciascuna coltura dedicata nei diversi areali; d) analisi di scenari produttivi basati su ipotesi di diversi livelli di sfruttamento delle risorse potenziali e di adozione di impianti di conversione standard. Ogni suolo ha, infatti, in relazione ai requisiti delle differenti specie vegetali coltivate, una propria capacità intrinseca e potenziale di produrre biomassa, che può esprimersi diversamente in base alle tecniche agronomiche adottate. Inoltre, un particolare uso e gestione del suolo, a seconda del tipo di suolo, può migliorarne o degradarne la qualità e la fertilità. Per affrontare le problematiche del suolo associate alla coltivazione delle colture da biomasse ed energetiche, è importante a) definire criteri, indirizzi e metodologie (attitudine e valutazione dei suoli) per la verifica della congruità delle colture proposte rispetto alle caratteristiche e alle condizioni ambientali (sostenibilità ambientale), e b) studiare e approfondire l’impatto sulle risorse ambientali (degradazione del suolo, incorporazione di carbonio organico, consumo e qualità delle acque) e sull’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili (consumi energetici ed emissioni). Fortunatamente, le conoscenze disponibili a livello regionale, nazionale e comunitario, oggi abbondanti e di facile reperibilità sul web, sono una base di partenza eccellente per impostare una valutazione armonizzata della qualità e vulnerabilità dei diversi tipi di suolo in relazione alla produzione di biomasse, nonché dei possibili impatti su altri comparti ambientali.

La valutazione della combinazione pianta-suolo passa attraverso la considerazione prioritaria di alcuni aspetti prettamente agronomici, ma questi non devono mai essere separati dalle problematiche di tipo ambientale. Una combinazione ottimale pianta-suolo consente di sfruttare al meglio le potenzialità della pianta, richiede meno interventi e utilizzo di input esterni (ad es., fertilizzanti, ammendanti, agrofarmaci). A parità di proprietà edafiche, i principali aspetti agronomici da considerare sono l’adattabilità della coltura e la sua produttività, la sostenibilità economica (irrigazioni, nutrizione, difesa), la resistenza a condizioni climatiche avverse e la sua suscettibilità nei confronti di caratteristiche negative del suolo (compattazione e scarso drenaggio, aridità e salinità, pH non ottimali, scarsità di sostanza organica e di alcuni nutrienti, ecc.). Oltre alla pianta e al suolo, il terzo fattore da considerare sono gli aspetti ambientali e i rischi correlati. Infatti, è importante mantenere un livello minimo di carbonio organico per garantire la fertilità del suolo, contenere il rischio di erosione e di compattazione, e migliorare la qualità delle acque, in termini di riduzione di nutrienti e di fitofarmaci. In breve, è necessario proteggere il suolo per preservarne salute, qualità e fertilità, fondamentali per la coltivazione sostenibile di piante da biomassa ed energetiche.

La caratterizzazione fisica, chimica e biologica dei diversi tipi di suolo e lo studio delle loro dinamiche e funzioni, in combinazione con gli altri fattori ambientali, è quindi indispensabile per garantire la sostenibilità dei piani di coltivazione di specie da biomassa ed energetiche, e per valutare il loro potenziale impatto ambientale (vedi figura in basso). Un’errata pianificazione colturale può provocare effetti deleteri, quali a) la contaminazione del suolo dovuta all’uso eccessivo di input (prodotti fitosanitari, nutrienti, reflui zootecnici, fanghi), b) i processi di compattazione ed erosione, causati da una intensificazione delle lavorazioni, e c) l’impoverimento del suolo in carbonio organico e altri nutrienti (ad es., N, K, P) a causa dell’aumento dell’asportazione di biomassa. Questi fenomeni degradativi del suolo causano, a loro volta, effetti deleteri a medio e lungo termine, quali il calo della fertilità, la riduzione della capacità protettiva delle acque, la perdita di biodiversità e il rilascio di gas serra.

 

Esempi di correlazione tra proprietà del suolo e coltura dedicata alla produzione di biomassa al fine di determinare gli areali di coltivazione più favorevoli. P/ETP = indice di aridità stagionale (I), calcolato come rapporto tra piovosità (P) ed evapotraspirazione potenziale (ETP) del periodo primaverile estivo.

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