Nov
29
2019

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Rosso e verde

(Foto: Adriano Sofo)

 

Le cave di bauxite di Spinazzola, in Puglia, sono un ecosistema sorprendentemente ostile che ricorda vagamente la superficie di Marte. Le cave state utilizzate come miniere per estrarre alluminio fino alla fine degli anni ’80 per poi essere chiuse per via della concorrenza dell’alluminio africano e asiatico. La bauxite grezza era estratta qui, caricata su camion per essere trasportata prima a Trani, il porto più vicino, e poi, via nave, a Marghera, dove si trovavano le fonderie. Qui a Trani, dove vivo, i più anziani ricordano che c’era una zona del porto di Trani chiamata proprio “terra rossa” proprio per via del colore rosso del terreno.

Perché di rosso qui ne abbiamo in quantità industriali, di tutte le tonalità e le sfumature, con contrasti e saturazioni inusuali e una tavolozza di gradazioni che va dal rosso, all’arancio, al rosa, all’ocra, al giallo, al marrone. E tutto questo rosso abbagliante contrasta con il blu del cielo aperto e luminoso delle Murge e con quel poco verde della vegetazione presente.

 

(Foto: Adriano Sofo)

 

La bauxite contiene prevalentemente ossidi e idrossidi di alluminio e di ferro. In particolare, è ricca in metaidrossido di alluminio AlO(OH) e ortoidrossido di alluminio Al(OH)3. I noduli di bauxite sono rotondeggianti perché la bauxite è una roccia sedimentaria, e viene quindi trasportata, sminuzzata e levigata per l’attrito a cui è sottoposta. Curioso è anche il nome “bauxite”, che non deriva dalle sue caratteristiche chimico-fisiche ma da Les Baux-de-Provence, il paese a sud della Francia dove sono state aperte le prime miniere di bauxite, all’inizio dell’‘800.

 

(Foto: Adriano Sofo)
(Foto: Adriano Sofo)

 

Ciò che più mi ha colpito di questo luogo è proprio il contrasto tra un suolo così inospitale, ventoso, rovente d’estate e freddo d’inverno e, nonostante le condizioni avverse, una vegetazione caparbia. L’alluminio è il metallo più abbondante della crosta terrestre (15.41% di tutti gli elementi), dove si riscontra prevalentemente sotto forma di ossido di alluminio (Al2O3). Questo elemento, non molto solubile e poco mobile ai valori di pH che normalmente si trovano nel suolo, è coinvolto nella genesi dei minerali argillosi e degli idrossidi. Nel suolo, che deriva in ultima istanza da ciò che proviene dall’alto (principalmente i residui delle piante), ciò che vive al suo interno (radici, microorganismi, fauna) e ciò che proviene dal basso (roccia madre su cui poggia), l’alluminio è adsorbito sulla superficie della sostanza organica o delle argille in forma ionica (Al3+), oppure si trova in forma insolubile (prevalentemente ossidi e fosfati), oppure fa parte, intrappolato, del reticolo delle argille. I suoli ricchi di alluminio solubile (Al3+) possono costituire un problema in quanto l’alluminio non è essenziale per le piante, anzi è tossico. Nei suoli acidi (pH < 5,5) può provocare danni alle colture; nei suoli più alcalini (pH > 7,0) fenomeni di precipitazione ne annullano la tossicità.

 


(in alto) I principali ossidi dell’alluminio: diaspro rosso (α-AlOOH), corindone (α-Al2O3), gibbsite (α-Al(OH)3) e bohemite (γ-AlOOH) (da: Appunti di Chimica del Suolo, Violante). (in basso) affioramenti rocciosi sul fondo delle cave (Foto: Adriano Sofo).

 

Le forme più disponibili di alluminio finiscono per liberare ioni Al3+, caratterizzati da elevata tossicità per la maggior parte degli organismi e in grado di determinare conseguenze estremamente critiche, in particolare per le piante e per le specie animali acquatiche. Inoltre, questi ioni hanno una forte tendenza a idrolizzarsi, scomponendo molecole d’acqua in ioni H+ e OH. Gli Al3+ si combinano con gli OH, consentendo agli H+ di abbassare ulteriormente il pH della soluzione del suolo. Hanno quindi un’attività acidificante. Oltre ai fenomeni di acidificazione del suolo, la tossicità dell’alluminio si evidenzia con l’inibizione dell’assimilazione dei nutrienti e la riduzione dello sviluppo delle radici. Gli ioni alluminio, infatti, si possono accumulare sulle pareti delle parti ipogee della pianta, impedendo la traslocazione dei nutrienti, o riescono a penetrare all’interno delle cellule fissandosi al DNA, compromettendo la divisione cellulare e inibendo lo sviluppo dell’apparato radicale.

 

Alcune piante, grazie all’arsenale chimico a loro disposizione, hanno la capacità di tollerare o, ancora meglio, di escludere gli ioni Al3+. La strategia tipica di queste piante è principalmente quella di complessare Al3+ con gli acidi organici secreti dalle radici. In questo modo, Al3+ non è più disponibile ad essere assorbito e il problema è risolto. Molte specie di piante, soprattutto spontanee, mettono in atto questi accorgimenti, per cui riescono a vivere e volte anche a prosperare (per l’assenza di competizione con altre specie) in ambienti ricchi di alluminio.

 

Crescita relativa delle radici delle piante coltivate in funzione del grado parziale di saturazione in alluminio (da: Appunti di Chimica del Suolo, Violante).

 

Le piante alluminio tolleranti rilasciano acidi carbossilici per complessare l’alluminio in forma ionica (Cocucci, Varanini e Pinton, 2005).

 

Riporto qui in basso alcune delle piante che ho trovato nelle cave. Si trovano a basse densità e prevalentemente isolate. Molte di esse sono specie rupestri, comuni sulle Murge, altre sono relativamente più rare. Ad avere tempo e fondi, sarebbe interessante studiarne i meccanismi di tolleranza all’alluminio e capire a fondo le caratteristiche di questa particolare fitocenosi.

 

Alla prossima!

 

(Foto di tutte le piante: Adriano Sofo)

Verbascum thapsus L. (tasso barbasso), Scrophulariaceae

 

Echium vulgare L. (erba viperina), Boraginaceae

 

Ferula communis L. (finocchiaccio), Apiaceae

 

Pinus halepensis Mill. (pino d’Aleppo), Pinaceae

 

Dittrichia graveolens (L.) Greuter (enula), Compositeae

 

Prunus spinosa L. (prugnolo), Rosaceae

 

Paspalum distichum L. (panico acquatico), Poaceae

 

Prunus avium L. (ciliegio), Rosaceae

 

Rosa canina L. (rosa selvatica), Rosaceae

 

Centranthus ruber (L.) D.C. (camarezza comune), Caprifoliaceae

 

Leontodon saxatilis Lam. (dente di leone), Compositae

 

(al centro) Cirsium vulgare (Savi) Ten. (cardo crespo), Compositae

 

Lavandula stoechas L. (lavanda selvatica), Lamiaceae

 

Anethum graveolens L. (aneto), Apiaceae

 

Asphodelus ramosum L. (asfodelo mediterraneo), Xanthorrhoeaceae

 

Helichrysum italicum (Roth) G. Don (elicriso italiano), Compositae

 

Eryngium campestre L. (bocca di ciuco), Apiaceae

 

Delphinium consolida L. (speronella consolida), Ranunculaceae

 

Verbascum nigrum L. (verbasco nero), Scrophulariaceae

 

Santolina chamaecyparissus L. (cameciparisso), Compositae

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