Apr
01
2014

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Forest pool party

Ananas01

 

 Dove vai?
– Lo so io – Corse in giardino.
Di lì a poco lo vedemmo che si arrampicava su per l’elce. Cosimo salì fino alla forcella di un grosso ramo dove poteva stare comodo e si sedette lì.
Nostro padre si sporse dal davanzale – Quando sarai stanco di stare lì cambierai idea! – gli gridò.
– Non cambierò mai idea – fece mio fratello dal ramo.
– Ti farò vedere io, appena scendi!
– E io non scenderò più! – E mantenne la parola.

(Italo Calvino, “Il Barone Rampante”)

 

 

Le epifite sono piante che vivono su altre piante. La loro nicchia ecologica è molto specifica e, a seconda della specie, preferiscono alcune piante ospiti che le sostengono piuttosto che altre. La loro sopravvivenza dipende da quella della pianta su cui crescono, dalla capacità di colonizzare velocemente nuovi rami/alberi e dalla capacità di resistere alle situazioni difficili tipiche delle alte chiome (forti venti, mancanza di nutrienti e di acqua). In particolare, le bromeliacee epifite preferiscono zone ombreggiate per evitare perdite di acqua ma non troppo ombreggiate perché altrimenti non farebbero sufficiente fotosintesi. La stragrande maggioranza delle epifite vere e proprie sono infatti completamente autotrofe e non parassite, cioè sono autosufficienti e non vivono a spese della pianta ospite come fa ad esempio il vischio – un’epifita anch’esso – ma si limitano ad utilizzarle come sostegno. I muschi, i licheni, alcune felci e alcune orchidee hanno ad esempio questa capacità. Tuttavia, vi è una famiglia di piante che si distingue per essere la più esperta di vita arboricola: le “bromeliacee-serbatoio”. Evoluzionisticamente, molte bromeliacee si sono specializzate in questo tipo di vita perché producono in genere moltissimi semi dotati di un apparato che ne favorisce la dispersione entomofila. La maggior parte delle piante nate al suolo morivano per la mancanza quasi totale di luce o per il terreno particolarmente povero in nutrienti (nelle foreste tropicali la maggior parte della sostanza organica è nella vegetazione e non nel suolo, dove viene velocemente mineralizzata) mentre quelle nate sui rami più alti non potevano allungare a dismisura le proprie radici per arrivare al suolo. L’unica soluzione possibile era quindi l’epifitismo. Come il barone rampante di Calvino, alla fine non sono più scese, al punto tale che oggi si propagano per seme o per via vegetativa attraverso propaguli – per via vegetativa – solo da un ramo all’altro.

 

Per intenderci, le bromeliacee sono i parenti dell’ananas e vivono per lo più nelle foreste pluviali del Sud America, dove mostrano una straordinaria varietà di forme e colori: da piante verdi con foglie larghe e carnose a piccole e delicate piantine rosso-violacee. Tutte hanno foglie dure, lunghe e sottili, pelose, a volte spinose ai margini. Alcune specie di bromeliacee crescono sul terreno (nelle zone tropicali) o sulle rocce (nelle zone aride), mentre la maggior parte di esse sono epifite, originarie appunto delle foreste pluviali. Alcune specie, come l’ananas, vengono coltivate per i frutti, mentre altre a scopo ornamentale. E’ difatti tuttora in atto un pericoloso quanto illegale traffico di piante.
La caratteristica delle bromeliacee è che le loro larghe foglie sono disposte in una rosetta a forma di cesto che incanala l’ acqua piovana, la quale scorre attraverso la volta forestale per infine arrivare a questo serbatoio centrale naturale. Le basi di queste foglie sono infatti molto compatte in modo da creare una vasca impermeabile in cui l’acqua si può facilmente accumulare. Nelle specie più grandi possono essere trattenuti tra le foglie della pianta fino a 50 litri di acqua. Il sistema è talmente efficace che in un ettaro di foresta pluviale possono essere raccolti fino a 50.000 litri di acqua, cioè la quantità che riempirebbe una piscina di una villa. Le specie più piccole sono meno abili a tollerare periodi di deficit idrico perché nelle loro taniche la perdita di acqua per evaporazione è più veloce. Però tutto dipende anche da quanto la superficie del laghetto sia protetta contro il vento dalla rosetta di foglie che lo circonda e anche dalla velocità di assorbimento dell’acqua da parte della pianta. Quindi, a parità di piovosità e di dimensioni della pianta, la velocità di evaporazione cambia da specie a specie (Zotz e Thomas, 1999). Alcune bromeliacee che devono resistere a prolungati periodi senza acqua sono inoltre in grado di cambiare nei momenti critici il loro metabolismo in quello tipico delle piante grasse (CAM) e così aprono gli stomi di notte, limitando le perdite per evapotrapirazione.

 

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Sezioni trasversali e longitudinali dei due principali tipi di taniche delle bromeliadi (da: Zots e Thomas, 1999).

 

I “laghetti sopraelevati” alle basi di bromeliacee sono habitat perfetti per una vasta gamma di specie di microorganismi ma soprattutto di animali che cercano di sfuggire ai pericoli del suolo forestale. Da un punto di vista ecologico, le piscine sono come degli ecosistemi-isola e quindi ospitano una fauna una flora estremamente diversificata nello spazio (variabile “pianta”; proprietà chimico-fisiche dell’acqua contenuta, in particolare pH, carbonio organica totale e azoto). In più, esse sono estremamente variabili anche nel tempo (variabili ambientali, che possono cambiare anche nel giro di poche ore). Il fattore genetico è altrettanto importante perché piante geneticamente vicine ospitano di solito comunità di invertebrati simili (Zytynska et al., 2012). A causa di questi micro-habitat così specifici e diversi tra loro, nelle riserve acquatiche delle bromeliacee si possono riscontrare parecchi endemismi. Molti fattori regolano la crescita batterica nelle taniche, quali la posizione nella chioma e la quantità di detrito e nutrienti presenti all’interno (Haubrich et al., 2009). Per le alghe residenti, invece, il fattore limitante sembra essere non tanto la variabilità nella disponibilità di nutrienti o l’erbivoria, quanto la mancanza di acqua, un problema che si acuisce nelle specie a tanica più piccola (Marino et al., 2011). Tra i protozoi che vivono nelle piscine, gli endemismi si contano a centinaia e ogni anno se ne scoprono di nuovi; addirittura, considerando l’habitat ristretto, sono state individuate complesse catene alimentari di protozoi, tra cui ciliati in grado di cambiare la loro alimentazione da batteriofaga a predatrice nei confronti di altri protozoi (Foissner et al., 2003). Le formiche invece non sembrano avere particolari preferenze nei confronti delle diverse specie di piante e dei posti nella volta della foresta in cui crescono (Blüthgen et al., 2000). Anche le zanzare depongono le loro uova nelle pozze d’acqua e vermi piatti trovano rifugio tra le foglie. Questa abbondanza di insetti attira un serraglio di animali più grandi che visitano le piscine per partecipare alla festa in cui si sgranocchiano ottimi invertebrati freschi. Le salamandre vengono abitualmente a banchettare al sicuro nelle piscine e in alcune bromeliacee risiedono stabilmente granchietti che difendono strenuamente la loro pianta contro lucertole e millepiedi. Anche le piccole rane dalle frecce avvelenate, sia i girini che gli adulti, sono tipici inquilini delle piscine arboricole e forniscono nutrimento alle piante ricevendo in cambio un tranquillo habitat aquatico (Romero et al., 2010). Per gli erpetologi, le taniche delle bromeliadi sono un vero e proprio scrigno di tesori di biodiversità (Lehtinen RM, 2004; Sabagh et al., 2011). Vari conteggi dei diversi animali che vivono nelle bromeliacee hanno indicato che circa 3000 diverse specie animali hanno queste piante come loro casa.

 

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Bromeliacee

Alcune bromeliacee epifite delle foreste pluviali del Sud America

 

Tuttavia, le Bromeliacee non si limitano a fornire una casa per questi animali per essere al loro servizio, anzi li accolgono in modo che possano fornire loro i nutrienti necessari alla crescita. Ad esempio, gli escrementi delle rane e delle salamandre che contengono i corpi digeriti degli insetti si disciolgono e si accumulano in acqua e possono essere assorbiti dalla pianta come una fonte vitale di alimenti ricchi di azoto. Proprio per questo, le bromeliacee epifite, non avendo contatti con il suolo, assorbono azoto da due fonti principali: la prima è costituita dall’acqua piovana che rimane intrappolata nelle taniche e tra i peli presenti sull’epidermide delle foglie (tricomi); la seconda è il materiale organico in decomposizione derivante dai microorganismi che vivono nelle loro taniche (prevalentemente azoto in forma di urea) (Endres e Mercier, 2000). Le radici delle bromeliacee epifite fungono così solo da supporto e assorbono minerali solo in minima parte. Nelle bromeliacee terrestri come l’ananas (Ananas comusus), invece, l’azoto è assorbito dal suolo dalle radici sotto forma prevalentemente di nitrati, come in tutte le altre piante che vivono a contatto con il suolo.
Anche altre piante, come le carnivore del genere Nepenthes (i simpatici mortali sacchettini nella prima foto in basso), hanno delle vere e proprie taniche piene di liquido (in inglese si chiamano “phytotelmata”; non sono riuscito a trovare l’equivalente in italiano), ma in quel caso le piscine sono delle trappole mortali per gli animali che ci finiscono dentro e finiscono per essere digeriti vivi! Se ci pensate, anche gli alberi d’alto fusto delle nostre foreste temperate, al pari delle bromeliacee, utilizzano gli incavi alla base dei loro tronchi impermeabili, come serbatoi più o meno durevoli di acqua.

 

Nepenthes

Nepenthes

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 Cavità naturali piene d’acqua alla base dei tronchi

 

Per digerire le spoglie degli insetti o i corpi di qualche altro organismo morto nelle taniche, le bromeliacee, tra cui anche il comune ananas, si servono di potenti proteasi. La miscela di queste proteasi è in grado di idrolizzare le proteine e prendono il nome di “bromelina”, particolarmente concentrata nel fusto ma presente anche nei frutti e nelle foglie. La bromelina facilita la digestione (della carne soprattutto) e ha effetti terapeutici antiinfiammatori, antitrombotici e fibrinolitici nell’uomo (Maurer, 2001; Hale et al., 2005), anche se i principi attivi coinvolti e i meccanismi biochimici sono stati solo in parte spiegati. A causa delle sue proprietà proteolitiche, i dietologi consigliano di mangiare ananas alla fine di un pasto e circola la leggenda metropolitana dell’ananas che farebbe dimagrire o della dieta famosa dell’ananas (conosco un tizio che a pranzo mangia ananas a pranzo da due anni, peccato sia però sciroppato; l’ananas intendo). Ho sempre uso il succo di ananas per eseguire con i ragazzi di scuola un semplice esperimento in cui si estrae il DNA dalla frutta: ad un certo punto del protocollo, infatti, la bromelina è necessaria per degradare gli istoni (le proteine che, come tanti spilli, tengono compatto il DNA) e per svolgere il filamento di DNA che in questo modo si rende visibile come masserella gelatinosa e filamentosa e si può così prendere con un’ansa. Un esperimento che, fa sempre la sua bella figura e ammanta il docente di mistero e di reverenziale rispetto.

 

 

Grazie a loro (e ad altri non citati), ho scritto:

 

Appunti vari

Blüthgen N, M.Verhaagh, W. Goitía, Nils Blüthgen (2000) Ant nests in tank bromeliads – an example of non-specific interaction. Insectes soc. 47: 313-316

Calvino I. Il Barone Rampante. Einaudi.

Endres L, Helenice Mercier (2000) Ammonium and urea as nitrogen sources for bromeliads. J. Plant Physiol. 158: 205-212

Foissner W, Michaela Strüder-Kypke, Georg W. M. van der Staay, Seung-Yeo Moon-van der Staay, Johannes H. P. Hackstein (2003) Endemic ciliates (Protozoa, Ciliophora) from tank bromeliads (Bromeliaceae): a combined morphological, molecular, and ecological study. Europ. J. Protistol. 39: 365-372

Hale LP, Paula K. Greer, Chau T. Trinh, Cindy L. James (2005) Proteinase activity and stability of natural bromelain preparations. International Immunopharmacology 5: 783-793

Haubrich CS, Aliny P. F. Pires, Francisco A. Esteves, Vinicius F. Farjalla (2009) Bottom-up regulation of bacterial growth in tropical phytotelm bromeliads. Hydrobiologia 632: 347-353

Lehtinen RM (2004) Ecology an evolution of phytoelm-breeding anurans. Museum of Zoology, University of Michigan, no. 193. http://deepblue.lib.umich.edu/bitstream/handle/2027.42/56436/MP193.pdf?sequence=1

Marino NAC, Rafael D. Guariento, Viviane Dib, Fernanda D. Azevedo, Vinicius F. Farjalla (2011) Habitat size determine algae biomass in tank-bromeliadsHydrobiologia 678: 191-199

Maurer HR (2001) Bromelain: biochemistry, pharmacology and medical use. Cell. Mol. Life Sci. 58: 1234-1245

Romero GQ, Fausto Nomura, Ana Z. Gonçalves, Natacha Y.N. Dias, Helenice Mercier, Elenice de C. Conforto, Denise de C. Rossa-Feres (2010) Nitrogen fluxes from treefrogs to tank epiphytic bromeliads: an isotopic and physiological approach. Oecologia 162: 941-949

Sabagh LT, Roberto Júnio P. Dias, Christina W. C. Branco, Carlos F. D. Rocha (2011) News records of phoresy and hyperphoresy among treefrogs, ostracods, and ciliates in bromeliad of Atlantic forest. Biodivers Conserv 20: 1837-1841

Zotz G, Vera Thomas (1999) How much water is in the tank? Model calculations for two epiphytic bromeliads. Annals of Botany 83: 183-192
Zytynska SE, Mouhammad Shadi Khudr, Edwin Harris, Richard F. Preziosi (2012) Genetic effects of tank-forming bromeliads on the associated invertebrate community in a tropical forest ecosystem. Oecologia 170: 467-475

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