Nov
05
2012

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Caffè, prego


 

Queste sopra non sono ciliegione giganti!

Il caffè è la seconda merce di scambio al mondo dopo il petrolio, con un giro di affari di 45 miliardi di euro e un superficie coltivata di 10 milioni di ettari distribuiti in 50 paesi. Per oltre 100 milioni di persone costituisce l’unica fonte reale di reddito. Benché ci siano circa 100 specie del genere Coffea, sono solo due (Coffea arabica e Coffea canephora) ad essere coltivate per la produzione del caffè. Coffea arabica ha un areale di origine tra Kenya, Etiopia e Sudan. I primi a bere caffè furono gli yemeniti nel 1400, ma poi l’usanza si spostò in Europa attraverso la Turchia. Nel 1645 il caffè (la bevanda) arrivò a Venezia, prima ancora che a New York (1696).

Quello che stupisce del caffè è che la sua diffusione nel mondo è partita da una selezione limitatissima di piante coltivate. Dal corno d’Africa (origine) la coltura è arrivata nello Yemen, da cui pochi semi sono stati portati dalla Compagnia delle Indie Orientali a Giava, da qui altri semi sono arrivati ad Amsterdam dagli olandesi, e poi da qui in Francia (una pianta soltanto!). Fortunatamente, l’albero del caffè è una pianta autogama (s’impollina da sola; il bello è che le altre specie dello stesso genere non lo sono!!!) e quindi dalla Francia due piante sono partite per a Martinica, nei Caraibi; una di esse morì e l’altra attecchì, dando origine alle coltivazioni in tutto il centro America. Contemporaneamente, altre piante partirono da Amsterdam al Suriname, poi in Guiana Francese, e infine in Brasile – il maggiore produttore.

A causa dell’autogamia e delle poche piante di partenza – quest’ultimo fattore costituisce un vero e proprio collo di bottiglia genetico -, la variabilità genetica di questa specie è bassissima e quindi quando insorge una patologia sono cavoli amari per tutti. Per questo motivo, unito al fatto che le condizioni meteorologiche mutevoli stressano le piante (ricordiamo che le poverine fuori dal loro habitat africano originario), il mercato del caffè è un mercato endemicamente instabile e i prezzi fluttuano quotidianamente. Il miglioramento genetico e gli studi sul genoma dell’albero del caffè sono di conoseguenza economicamente importanti e numerosi. Coffea arabica è allotetraploide (cioè ha 44 cromosomi divisi in 4 serie da 11) e sono stati identificati più di 30.000 geni, praticamente un numero pari a quello dei geni umani. L’Etiopia, dal canto suo, produce le più prestigiose qualità di caffè, proprio perché le piante sguazzano a casa loro e si incrociano con specie e cultivar dello stesso genere, ma gli etiopi non si arricchiscono minimamente da questo, anche perché viene loro impedito di registrarle nel registro varietale e quindi di guadagnarci.

Il caffè “tira su” perché contiene la famigerata caffeina, un alcaloide che stimola il sistema nervoso centrale (la Red Bull ne è ad esempio strapiena, molto più della Coca Cola). La caffeina viene completamente assorbita nello stomaco e nel tratto iniziale dell’intestino nei primi 45 minuti dopo l’ingestione. Nel fegato viene convertita in paraxantina (84%), che stimola la lipolisi e porta ad una maggiore concentrazione di glicerolo ed acidi grassi nel sangue, teobromina (12%), che dilata i vasi sanguigni, e teofillina (4%), che rilassa la muscolatura liscia nei bronchi. La molecola della caffeina è strutturalmente simile all’adenina (che si trova anche nel DNA, ad esempio) e provoca un aumento dei livelli di adrenalina, che stimola a sua volta il sistema nervoso simpatico e determina un aumento del battito cardiaco e dell’afflusso di sangue ai muscoli, ad una diminuzione dell’afflusso di sangue alla pelle ed agli organi interni ed al rilascio di glucosio del fegato.

Lascio da parte le qualità della bevanda, che molti di noi conoscono bene, per concentrarmi sulla pianta. Coffea arabica, o pianta del caffè, appunto, è una pianta della famiglia delle Rubiaceae, una famiglia di Angiosperme che comprende specie prevalentemente legnose, la maggior parte delle quali si trova ai Tropici. Secondo la definizione attuale la famiglia comprende 600 generi e più di 10.000 specie. L’albero del caffè cresce tra i due tropici ad un’altitudine ideale tra i 600 e i 1800 metri e una temperatura ottimale mai al di sotto dei 15 gradi. Queste piante fragili devono essere protette dal sole e dal vento e spesso sorgono accanto ad alberi frondosi le cui chiome, come dei parasoli, li proteggono. Quando nasce spontaneamente, l’albero del caffè raggiunge un’altezza che va dagli otto ai dieci metri. Nelle piantagioni, invece, viene ridotto a 2,5 metri al massimo, per facilitare la raccolta dei frutti. Un grande fiore bianco dà origine a un frutto chiamato “ciliegia” (FALSE ciliege: in realtà è una bacca, non una drupa!). La sua pelle brillante racchiude due chicchi (infatti sono appressati tra loro e quindi piatti su un lato), da cui si estrae, con un lungo procedimento, il caffè.

Ora vado a farmene uno buono.

 

 

Grazie a loro, ho scritto:


Le Scienze, agosto 2008. I segreti del caffè. Pagg. 88-93.

A. Weinberg Bennet, K. Bealer Bonnie, Caffeina. Storia, cultura e scienza della sostanza più famosa del mondo, Roma, Donzelli, 2002

K. Sinnott. The Art and Craft of Coffee: An Enthusiast’s Guide to Selecting, Roasting and Brewing Exquisite Coffee. Quarry. 2012

http://www.pianetachimica.it/didattica/caffeina/caffeina.htm

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