Ott
05
2012

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Punti caldi

 

 

Dopo aver letto “L’orologiaio cieco” di Richard Dawkins (bello), il mio libro di genetica vegetale (meno bello) e vari libri di fantascienza, mi sono sorti ultimamente un po’ di dubbi, spero causati dall’ultima categoria di libri.

Nel genoma delle piante (e non solo delle piante) sembrano esserci hot spots (punti caldi), cioè sequenze nucleotidiche dove le mutazioni avvengono più frequentemente. In base a questa informazione, differenti tratti di DNA hanno quindi una diversa capacità di mutare. Ora, le mutazioni non sono eventi casuali nel vero senso della parola. Mi spiego meglio: il fatto che avvengano dipende da precisi fattori (non casuali), primo tra tutti l’instabilità dell’appaiamento delle basi azotate tra i due filamenti di DNA durante la replicazione, un meccanismo che ogni tanto vacilla. Questa instabilità è dovuta probabilmente alla radioattività naturale terrestre, soprattutto dovuto a particolari tipi di rocce (es. granito) e alle radiazioni solari (molte) e cosmiche (poche) provevienti dallo spazio che arrivano sulla superficie terrestre. Questo lo affermava anche Isaac Asimov nei suoi libri sulla Fondazione, di cui mi fido ciecamente, non fosse altro perché i suoi libri hanno affiancato quelli di testo durante gli anni universitari ed erano molto graditi dai docenti.

Tornando alle mutazioni; casuali sono invece i siti del DNA dove possono avvenire.  Quindi, non è l’evento di per sé casuale ma solo la sua posizione nel genoma. Considerando che i genomi delle piante sono spesso molto più grandi di quelli umani e che le piante sono sottoposte a tutti i tipi possibili di condizioni ambientali sfavorevoli proprio perché sessili, mi aspetterei mutazioni sparse ovunque nel genoma; ma non è così: anche nelle piante ci sono gli hot spots.

Il mio dubbio è questo: esistono davvero gli hot spots dove si concentrano molte mutazioni (non so, perché sono più esposte agli agenti mutageni, sono più protette o hanno strutture o sono costituiti tipi di sequenze che li “corazzano”…) oppure noi troviamo le mutazioni più frequentemente negli hot spots solo perché a quei siti è “permesso” mutare, cioè perché le mutazioni che insorgono là sono più tollerate dagli organismi? E i siti che non mutano sono tali perché effettivamente non avvengono mutazioni là oppure perché le eventuali mutazioni che compaiono in questi siti più “conservati” sono selezionate negativamente e quindi gli organismi che le possiedono non sopravvivono o non si riproducono?

Sarà ignoranza mia, ma ancora non ho le idee chiare… Esistono quindi veri hot spots, tanto pubblicizzati nei libri di genetica, o sono solo un’illusione dovuta agli eventi contingenti della selezione naturale?

 

COMMENTI 1   |   Scritto da Horty in:  Senza categoria |
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