Ott
01
2012

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CO2 & C. (parte 2)

 

[…segue]

 

Infrared gas analyzer (IRGA): MISURA DEGLI SCAMBI GASSOSI E DELL’EFFICIENZA FOTOSINTETICA

 

Per verificare l’efficienza fotosintetica delle piante e quantificarne gli scambi gassosi, si impiega uno strumento, un lettore dei gas all’infrarosso – IRGA (Infrared gas analyzer), CIRAS-1 che ha un costo di circa 18000 – 20000 EURO.

 

Si compone di:

 

– Un corpo principale fisso, con 4 sensori all’ infrarosso (due celle per misurare i gas in entrata CO2 ed H2O, e due celle per misurare gli stessi gas in uscita),

 



 

e di

– un corpo secondario, cioè un braccio mobile (cuvette), una sorta di pinza costituente una camera che serve a “pinzettare” 2,5 cm2 di foglia, in collegamento per lo scambio/raccolta dati con la stazione principale.

 

Lo strumento misura, attraverso i sensori, l’assorbimento di certe lunghezze d’onda da parte dei gas di nostro interesse, da una sorgente luminosa.

I gas presenti nell’atmosfera terrestre si eccitano con specifiche lunghezze d’onda presenti nella gamma degli infrarossi, con un principio simile a quello dell’effetto serra. Considerando che lo spettro elettromagnetico dell’I.R. è intercettato dalla CO2 e dal vapore acqueo, e che con la fotosintesi la pianta preleva anidride carbonica, mentre con la traspirazione espelle H2O, misurando le concentrazioni di queste due componenti nell’aria in entrata ed in uscita dalla camera, si determineranno per differenza, i tassi di fotosintesi netta ed i tassi di traspirazione.

 

Quando la luce solare colpisce la superficie terrestre, la radiazione ad onda corta viene trasformata in radiazione ad onda lunga infrarossa che viene riflessa indietro nello spazio. Il pianeta ha una spessa atmosfera, in cui gran parte di questa radiazione viene assorbita dai “gas serra” presenti in essa, che agiscono come una coperta isolante. L’analizzatore di gas all’ infrarosso funziona proprio con un principio simile, poiché un certo gas assorbe una certa lunghezze d’onda caratterizzante. L’energia infrarossa è emessa da un filamento riscaldato, e con un filtraggio ottico dell’energia, lo spettro di radiazione è limitato alla banda di assorbimento del gas da misurare, mentre un sensore rileva le variazioni di energia (prima e dopo l’assorbimento) dopo che (sottoforma di infrarossi) è passata attraverso il gas da misurare.

Il sistema prevede il prelievo, tramite una pompa, di aria dall’esterno, che viene messa a contatto con la foglia “pinzettata”, interna alla camera.

Dopo essere stata a contatto con la foglia, l’aria è convogliata verso l’analizzatore che determina il tasso netto fotosintetico, calcolato dalla differenza tra la concentrazione di CO2 dell’aria ambientale in entrata e di quella proveniente dalla camera fogliare.

Dal rapporto fra i tassi di fotosintesi netta ed i tassi di traspirazione si calcola l’efficienza di utilizzo dell’acqua (Water Use Efficiency, WUE) per la fotosintesi, cioè la quantità di CO2 assimilata in rapporto alla quantità di H2O traspirata.

 

I parametri fisiologici misurati dallo strumento sono:

– Tasso di fotosintesi netta (A = assimilazione);

– Traspirazione fogliare (E: senza foglia è 0);

– Conduttanza stomatica (gs o G);

– Concentrazione di CO2 sottostomatica (CI= concentrazione di CO2 già passata negli stomi che si troverebbe quindi ad entrare negli spazi intercellulari)

oltre a parametri ambientali quali:

– Intensità luminosa (PAR);

– Temperatura della foglia (T leaf);

– Temperatura interna della camera fogliare (T air) ed

– Umidità relativa (RH, %).

 

L’aria in uscita conterrà meno CO2 e più H2O, rispetto a quella in entrata, perché si aprono gli stomi (traspirazione e fotosintesi) con perdita di vapore ed assunzione di CO2.

CO2 ed H2O possono variare con diverse intensità di luce (PAR da 0 a 2200; ma può essere posta anche una fonte artificiale) e diverse temperature.

– Alimentazione: con presa diretta di corrente o con batteria (che dura 2 ore);

– E’ possibile registrare i dati;

– La sorgente di CO2 può essere: interna (con cartuccia) oppure esterna.

 

Grazie alla presenza di particolari composti, contenuti nelle cartucce del lato posteriore, è anche possibile modificare alcuni parametri dell’aria in ingresso, e precisamente:

– Ridurre l’umidità dell’aria, attraverso l’envirogel (che virerà i suoi granuli al giallo dopo l’assorbimento di H2O) ed il soda lime (che virerà al verde);

– Detrarre per assorbimento CO2, attraverso il molecular sieve (soprattutto se per un migliore monitoraggio sarà impiegata CO2 in cartuccia!).

 

L’aria entra nel pannello, “colma” l’interno delle celle di ingresso, viene spinta con delle pompe in camera fogliare e, per effetto della conduttanza e della traspirazione, vengono variate le concentrazioni di CO2 ed H2O condizionate dall’apertura degli stomi; poi l’aria viene spinta agli altri 2 sensori in uscita.

“Pinzata” la foglia per 2-3 minuti, si registra nel momento in cui i valori non cambiano più.

Fatte le misurazioni, con un cavo si collega lo strumento al PC per raffrontare tali valori con parametri standard o ricavarne dei grafici.

 

Ma in che modo l’uomo sta cercando di adoperarsi davanti alla crisi energetica attualmente in corso? Fortunatamente, oltre alle innumerevoli persone attaccate solo agli aspetti economici, ne esistono tante altre impegnate nel sociale, che si preoccupano di salvaguardare l’ambiente, che ci tengono alla propria salute ed a quella degli altri, che credono nella possibilità di rendere il mondo migliore e vivibile anche per le future generazioni.

Fra le ultime più ingegnose idee, ce ne sono alcune che potrebbero davvero cambiare la nostra quotidianità nel rispetto dell’ambiente, piccole – grandi idee da cui tutti i Paesi dovrebbero prendere spunto per un mondo più “green”.

 

NUOVI SCENARI “FOTOSINTETICI”

Recentemente, un un team di ricercatori italiani e tedeschi ha scoperto la proteina che fa utilizzare al meglio alle piante l’energia solare; fa variare l’apparato fotosintetico delle piante, in maniera funzionale rispetto alle condizioni ambientali e climatiche.

Le foglie delle piante, possono essere considerate, del tutto simili a dei pannelli solari. Attraverso la fotosintesi, le piante assorbono l’energia luminosa e la convertono in sostanza organica, essenziale per l’alimentazione di molti organismi che popolano il nostro pianeta. La radiazione luminosa che raggiunge le foglie, però, e’ soggetta a cambiamenti continui della propria intensità e composizione spettrale, conseguenza di molteplici e naturalissimi fattori come le nuvole, il movimento delle foglie indotto dal vento, l’alternarsi del giorno e della notte. Per fronteggiare al meglio queste situazioni, le piante hanno sviluppato meccanismi molecolari che consentono loro di adattare rapidamente l’apparato fotosintetico alle diverse condizioni luminose e quindi ottimizzare l’attività fotosintetica.

Numerosi studi realizzati in passato, infatti, hanno dimostrato che, a seconda delle condizioni luminose, l’apparato fotosintetico può assumere due diverse modalità funzionali, definite come stato 1 e stato 2 (o PSI e PSII).

Il gruppo di ricerca è lo stesso che nel 2005 identificò l’enzima chinasi STN7 responsabile della transizione dall’apparato fotosintetico dallo stato funzionale 1 allo stato 2, attraverso l’aggiunta di gruppi fosfato a una proteina dell’apparato fotosintetico deputata all’assorbimento della luce.

La proteina ultima identificata è l’enzima fosfatasi TAP38, responsabile di rimuovere i gruppi fosfato e quindi di riportare l’apparato fotosintetico allo stato funzionale 1.

L’enzima è stato isolato nell’ Arabidopsis thaliana (arabetta comune; foto in basso) attraverso un approccio di genomica funzionale.

La crisi energetica si è in corso; per rivoluzionare lo scenario energetico servirebbero idee innovative realmente attuabili, e conoscere i meccanismi molecolari utilizzati dalle piante per ottimizzare l’assorbimento della luce potrà essere utile anche per sviluppare, in futuro, tecnologie più efficienti nell’assorbimento e accumulo della radiazione solare.

Questa scoperta, può portare importanti progressi sia sul fronte agricolo, sia nelle tecnologie legate alle fonti rinnovabili.

Sono oggi allo studio metodi artificiali di cattura e sequestro del carbonio col fine di catturare, trasportare e stoccare la CO2 per contrastare l’innalzamento della concentrazione di questo gas serra in atmosfera, tecniche appartenenti alla cosiddetta geo-ingegneria.

Oggi esistono tre principali siti di sperimentazione di sequestro geologico, tutti legati all’industria petrolifera: in Canada, Algeria e Norvegia.

Questi metodi non smaltiscono il biossido di carbonio ma prevedono il suo stoccaggio in sacche sotterranee che dovrebbero trattenere la molecola per migliaia di anni.

Sono state avanzate alcune proposte d’ingegneria per la cattura di biossido di carbonio direttamente dall’atmosfera ma gli sviluppi, se pur ben promettenti, sono solo agli inizi.

 

[continua…]

 

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